“L’Italia è ripartita”, la bufala di Renzi che non inganna Bruxelles
Questa storia dell’Italia che “é ripartita” è una bufala, una presa in giro. Ripeterla come fa il premier Renzi , anche quando prende il caffè al bar dell’angolo, o come fanno i renziani con scimmiotesco impeto caricaturale, sta diventando persino patetico. Il presidente del Consiglio si aggrappa a qualche mezzo punto in più di prodotto interno lordo per giustificare la ripresa, un ritorno enfatico nell’Olimpo dopo aver toccato il fondo. Ma i dati non gli danno ragione. Altro che ottimismo verso il futuro. Sono proprio i conti con il futuro che non tornano. Anzi, sono sballati. Così accade che la Commissione Europea diminuisca di uno 0,1 per cento l’aumento del Pil previsto nell’ultima Finanziaria (quella sotto osservazione a Bruxelles). Con il risultato che le previsioni per quest’anno scendono dall’1,5 all’1,4 % e nel 2017 dall’1,4 all’1,3. E’ la corsa del gambero: un passo avanti e due indietro. Se fossimo nel pieno della “ripresa” di cui discetta il premier, l’andamento dovrebbe avere tutt’altro verso. Gli esperti ci ricordano che quando si esce dal tunnel della recessione ( la nostra è stata lunga e pesante) il Pil dovrebbe crescere con costanza e maggiore velocità. Insomma, il prodotto interno dovrebbe guadagnare di più. E così l’occupazione. Se, invece, ci arrotoliamo nella debolezza sistemica, se i fattori di crescita sono lungi dal manifestarsi, se le aziende continuano ad annaspare nella crisi con un mercato del lavoro che continua ad essere ingabbiato e rigido, anche dopo la riforma del Jobs Act, rivelatasi presto illusoria; se le riforme, tanto blasonate e decantate, si stanno rilevando anche esse inadeguate e, in molti casi, (vedi il decreto “salva-banche”) persino dannose; se l’edilizia langue, la burocrazia continua ad essere asfissiante, se i mercati finanziari traballano sotto la spinta della nuova crisi che proviene dall’Oriente; se, insomma, il quadro complessivo della economia e della finanza non lasciano spazio all’ ottimismo, beh! vuol dire che siamo messi male, molto male. Anche questa polemica astiosa nei confronti della Ue sui “margini di flessibilità”, sollevata da Renzi con piglio audace, appare francamente fuorviante. Da quando c’è lui e, prima di lui, al governo ci sono stati Monti e Letta, il rapporto debito-Pil è salito pericolosamente. Berlusconi lo aveva lasciato al 118%. Con il Pd al governo è salito al 132,8%. Purtroppo per Renzi, a Bruxelles se ne sono accorti.