Nozze gay, giovedì la fiducia. Alfano pronto a pronunciare il suo “sì”
Evoca il complotto, Matteo Renzi, come nelle migliori tradizioni dei despoti che vedono fallire i propri progetti. Ma la missione di far digerire ai suoi il ricorso al voto di fiducia sul ddl Cirinnà con il soccorso di Angelino Alfano è di quelle classificate ad alto rischio. Perciò, davanti ai senatori del Pd riuniti in assemblea, il premier agita lo spauracchio dell’affossamento tout-court del testo su nozze e adozioni gay: «C’è strategia precisa, eterodiretta, il cui obiettivo non è approvare una legge un pochino diversa, ma l’obiettivo é non approvare la legge, facendo ricadere la responsabilità sul Pd. Fossi in voi senatori mi opporrei a questo disegno. Il governo è disponibile a fare la sua parte».
Via le adozioni. Alfano pronto a cantare vittoria
Una mossa dettata dalla disperazione, ma anche l’unica possibile una volta sfumata la possibilità di portare a casa la cosiddetta stepchild-adoption. Ma l’inabissamento totale del Cirinnà è un’ipotesi che (purtroppo) non esiste. Una volta stralciato il contestato articolo 5, infatti, il ddl passerà con il voto del Pd e del Ncd. Alfano non vede l’ora di mettere i voti del suo Ncd a disposizione del provvedimento per poi cantare vittoria un minuto dopo intestandosi il (falso) merito della cancellazione delle adozioni. Sia come sia, che il compito del premier di far passare senza strappi il ricorso alla fiducia non sia affatto facile è un dato di fatto . Soprattutto alla luce della decisione del presidente del Senato di dichiarare inammissibile il “supercanguro” del Pd e i “canguretti” della Lega. Una scelta, quella di Grasso, che ha provocato più di un mal di pancia nel Pd. «L’avesse detto prima – ha sbottato il capogruppo Zanda – avremmo già approvato il ddl». Ma che nello stesso tempo ha rinfocolato i propositi di quella cospicua fetta del Pd che ha ancora non ha del tutto perso le speranze di approvare il ddl comprensivo di adozioni con il voto del M5S.
Renzi in difficoltà per il «voltafaccia» del M5s
Ma ormai la frittata e Renzi fa capire che non ritiene più praticabile questa strada: «I rischi sono molto alti – si è giustificato il premier -. C’è stato un voltafaccia del M5s riconosciuto da tutti e la consapevolezza del fatto che l’iter parlamentare è molto rischioso. La necessità dell’intervento del governo mi sembra condivisa». La questione dei tempi è l’altro tasto sul quale Renzi pigia per convincere i senatori: «Con un maxiemendamento e la questione di fiducia, significa chiudere entro la settimana chiudere». Tempi strettissimi, secondo alcune indiscrezioni: per il maxiemendamento sarebbe questione di ore e, a seguire, giovedì la fiducia. Con Alfano.