Unioni civili d’oro: dalle pensioni un salasso di 23 milioni. E non finisce qui…
Ora che è passata al Senato, la legge sulle unioni civili dovrà essere approvata dalla Camera. A Montecitorio è ben difficile che il testo della legge, frutto di un non facile compromesso, che ha provocato non poche polemiche sia all’interno della maggioranza che da parte delle forze di opposizioni, e lasciato aperti non pochi dubbi nei costituzionalisti, possa essere ulteriormente modificato. Vediamo allora quali sono le novità più importanti delle riforma e quali i suoi costi effettivi. Iniziamo proprio da questi ultimi, anche perché si è trattato di un tema molto dibattuto. I gay legati da un’unione civile avranno diritto a eredità e anche alla reversibilità della pensione. La Ragioneria dello Stato ha certificato un conteggio di 3,7 milioni di euro per l’anno in corso e di 6,7 milioni per il 2017. Costi che saliranno nel 2018 a 8 milioni, nel 2019 a 9,8, nel 2020 a11,7 e nel 2021 a 13, 7. Si calcola che nel 2025 la spesa si dovrebbe attestare sui 22,7 milioni di euro annui. Insomma, sono cifre abbastanza consistenti e non sarà facile trovare le necessarie coperture. Quanto al resto, la riforma regolamenta in sostanza le unioni civili tra persone omosessuali e le convivenze eterosessuali. Quest’ultima viene suggellata davanti a un notaio e perevede diritti e doveri. Per le coppie di fatto tra un uomo e una donna la Legge Cirinnà prevede l’obbligo degli alimenti dopo la rottura della convivenza. Si tratta, comunque, di una facoltà, non di un obbligo, come era previsto invece nella stesura originaria della normativa. In questo si nota una differenza tra convivenza e matrimonio. Nel caso di specie non sono previste né eredità né reversibilità. I conviventi etero possono comunque fissare dinanzi al notaio le regole che sovrintendono alla loro vita comune tramite la sottoscrizione di un “contratto di convivenza”. La parte più rilevante della riforma riguarda comunque le coppie gay. La legge evita di equiparare le unioni al matrimonio. Non c’è insomma il riferimento all’art.29 della Costituzione che definisce la famiglia come “società naturale fondata sul matrimonio”. Per le unioni civile è richiamato invece l’art 2 della Carta, in cui i diritti dell’uomo vengono garantiti come singolo e nell’ambito delle “formazioni sociali specifiche”. Richiamato è anche l’art. 3 in materia di pari dignità e uguaglianza dei cittadini davanti la legge. Come per matrimonio anche per le coppie omosessuali dall’unione civile deriva l’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale e alla coabitazione. E i due “concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare”. I due possono scegliere un cognome comune dichiarandolo dinanzi l’ufficiale di stato civile, scelta che decade alla rottura dell’unione. Come detto, le unioni gay danno diritto a eredità e reversibilità, mentre è stato espunto dal testo originale l’obbligo alla fedeltà , che invece è previsto per il matrimonio. Le coppie omosessuali non possono adottare. Come si sa la stepchild adoption è stata stralciata. Però è stata conservata una formulazione che consente ai giudici di decidere in materia. Più di una sentenza infatti ha riconosciuto in Italia la adottabilità. E questo è un altro aspetto della riforma assai controverso.