Brasile, senza immunità Lula ora implora i giudici: «Vi chiedo giustizia»

18 Mar 2016 15:19 - di Niccolo Silvestri

Lo spettro della galera porta a miti consigli Luiz Inacio Lula, ex-presidente del Brasile e già icona del socialismo globale ora a un passo dal carcere perché accusato di aver favorito un gruppo imprenditoriale nella realizzazione di importanti lavori pubblici nel suo Paese e in gran parte dell’America Latina. E proprio per evitargli la reclusione, l’attuale presidente Dilma Roussef, anche lei socialista, aveva nominato Lula ministro della Casa civile. Una decisione quanto mai improvvida che ha innescato ovunque tensioni sfociate in più di una città in aperte rivolte popolari.

La nomina di Lula a ministro sospesa dalla magistratura

La situazione si è fatta addirittura incandescente quando il magistrato Sergio Moro, simbolo dell’inchiesta Lava Jato, una sorta di “Mani Pulite” brasiliana, ha diffuso la conversazione intercettata dalla polizia federale tra Dilma e Lula con la prima che informava il secondo di avergli inviato il decreto di nomina a ministro con la raccomandazione «usala se necessario». Una chiara ammissione della combine tra i due finalizzata ad impedire il corso della giustizia. La nomina è stata poi sospesa da un giudice federale di Brasilia subito dopo il giuramento. Ora Lula senza immunità e  rischia l’arresto. Per questo tende la mano ai giudici del Supremo tribunale federale, da egli stesso definiti «invigliacchiti» in un’intercettazione telefonica, mentre in una lettera-aperta corregge ancora il tiro assicurando di nutrire «stima e rispetto» per il sistema giudiziario e di aspettarsi «semplicemente giustizia».

A San Paolo folla dispersa con i cannoni d’acqua

Chi invece non recede di un millimetro è Dilma, che parla di «metodi golpisti» e di violazione della Costituzione «per fini oscuri» a proposito della divulgazione della sua telefonata con il suo predecessore. Intanto, il Paese ribolle come un pentolone: le strade e le piazze sono presidiate dai battaglioni anti-sommossa della polizia militare. Gli scontri più gravi si sono registrati a San Paolo, dove gli agenti hanno disperso la folla che da quasi due giorni occupava l’Avenida Paulista, il salotto della città. Per farlo, la polizia ha dovuto usare i cannoni ad acqua.

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