Ecco come l’Unione europea sta distruggendo il ceto medio
Siamo ossessionati dalle regole in tutti i campi della nostra vita economica, amministrativa e sociale che vengono emanati da l’Unione Europea. Bruxelles e Parlamento Europeo arrogano addirittura il diritto di decidere sulle regole sessuali e le dimensioni delle zucchine, delle vongole e delle specie ittiche. Decidono anche se il forno a legna è igienico o no e come devono essere confezionati prodotti sottaceto o sottolio, insaccati e formaggi in modo difforme dalla tradizione di secoli di conservazione. Così come vogliono spazzare via attraverso la direttiva Bolkestain il sistema della balneazione in Italia attraverso l’appalto delle concessioni che finiranno a grandi concentrazioni economiche. Aldilà del singolo caso, tutto l’orientamento nei confronti delle regole di cosiddetta libera concorrenza, in realtà va nella direzione della omologazione, cancellando ogni specificità locale, regionale o nazionale e distrugge i corpi sociali intermedi a favore di monopolisti che praticano sfruttamento lavorativo e producono nuove povertà.
Le piccole e medie imprese senza ossigeno
Se si fa un’analisi storica degli ultimi secoli della Storia europea la grande rivoluzione sociale è stata la stratificazione di un largo ceto medio che ha permesso ai settori più bassi di elevarsi con l’impresa artigiana e il lavoro qualificato, alle libere professioni di conquistare spazi importanti nella società, alla piccola e media impresa di costruire il benessere sociale diffuso attraverso un rapporto personale tra lavoratori dipendenti, quadri e titolari, realizzando sistemi virtuosi di grande qualità e innovazione. La bussola ideologica dell’Unione Europea è invece concentrare, potare il piccolo, anzi metterlo in condizioni di arrendersi, creare grandi concentrazioni di capitali che assumono la guida di tutte le produzioni e i servizi, schiacchiando ogni competizione fra diseguali, imponendo la concorrenza solo tra mega sistemi spersonalizzati, che tra l’altro spesso implodono con fallimenti epocali e disastri sociali. Questa è la linea, che comincia dalla filiera del credito attraverso le famose direttive di Basilea, che sostanzialmente rendono inacessibile il credito ai non consolidati e decapitano la concorrenza emergente, mantenendo il monopolio obbligano a regole insostenibili nei controlli burocratici, creano percorsi rigidi ed ingovernabili nell’accesso ai fondi comunitari; di fatto vogliono un controllo dall’alto di tutti i settori sociali ed economici, demotivando la libera iniziativa, la creatività, la crescita dal basso dei popoli e delle persone, imponendo una dittatura apparentemente neutra, non ideologica, ma di fatto il nuovo governo totalitario.
Creazione di nuove povertà
Lo stesso è sulla cultura che cristallizza il passato come superato e da conservare solo nei musei o nella ricerca storica, ma determinando una cultura senza contenuti, oggetto fragile della conquista da parte di altre culture primitive ma aggressive. Tra tutte l’Islam, ma non solo. Dentro la nostra Unione sorgono culture e tendenze devianti, nichiliste, autodistruttive che portano solo i nostri popoli a soccombere, a rinunciare alla cultura della vita e all’orgoglio della nostra civiltà, che è cresciuta in millenni di sviluppo intellettuale, scientifico, giuridico, artistico. In pratica le politiche dell’Unione Europea sono il più grande volano di creazione delle nuove povertà, agevolate anche dalla crisi del lavoro determinata dalla massiccia automazione manifatturiera e dai processi informatici di internet con una nuova stratificazione sociale, anche umana, una piccola oligarchia economica, culturale e sociale; una grande massa di persone senza senso di futuro e di prospettive, se non quelle assistenziali dello Stato e del cosiddetto Welfare, che per salvarsi l’anima è ampiamente implementato da Onlus, Org e Volontariato di Associazioni compassionevoli. Cioè si distrugge l’intelaiatura autoreferente dal basso (se pensiamo nei secoli le mutue sociali, le banche popolari e le casse di risparmio, le opere pie, le istituzioni di beneficienza fino al banco dei pegni), tutte sostituite oggi da organismi pubblici che lucrano sul bisogno. Basta pensare alla vicenda incredibile delle cooperative che assistono profughi e rifugiati, che sono un gigantesco business sul bisogno assoluto, pagato dallo Stato ma in cui si arricchiscono gli erogatori monopolisti del servizio sulla pelle dei poveri disgraziati. Tutto in ossequio alla corretta applicazione delle “nuove regole sociali”. Tra qualche decennio si creerà un gigantesco proletariato senza speranza e un ristretto gruppo di privilegiati, perchè in possesso dei beni, del credito, dei servizi, della giustizia, dell’erogazione degli appalti pubblici, delle concessioni demaniali o non demaniali, in pratica tutti quelli che stanno negli snodi giusti e che decideranno su tutti quelli che stanno sotto senza alcun controllo popolare, cioè l’uccisione della Politica sull’altare delle regole politicamente corrette e non opinabili. Questa Unione Europea è antagonista delle uniche tre politiche che dopo la prima guerra mondiale in Italia, ma direi anche in altri paesi europei e negli Stati Uniti, ed anche dopo la seconda guerra mondiale, a cominciare dall’Italia hanno consentito boom economico e come immediata conseguenza il benessere diffuso e cioè l’intervento dello Stato nell’economia attraverso imprese economiche, l’avvio di grandi opere pubbliche e forti interventi sociali a sostegno delle fasce deboli. Nulla a che fare con i conti in ordine e i compiti a casa dell’Unione Europea. I compiti a casa sono al contrario questi qui. Così si salvarono gli Stati Uniti dopo la crisi economica e sociale del ’29, così si salvò l’Italia dopo le macerie umanitarie della prima guerra mondiale e le distruzioni strutturali ed industriali della seconda guerra mondiale.