Condannato a 11 anni, pretendeva il vitalizio. Gli è andata male: no dei giudici
La sezione siciliana della Corte dei conti ha rigettato il ricorso presentato dall‘ex sindaco di Canicattì, e più volte assessore regionale dell’ Udc, Vincenzo Lo Giudice contro il provvedimento di revoca del vitalizio perché condannato anche all’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Per i giudici contabili sono applicabili a Lo Giudice le previsioni dell’articolo 28 del Codice penale in quella parte in cui prevede che “il condannato a una pena con interdizione perpetua dai pubblici uffici, non può beneficiare degli stipendi, delle pensioni e degli assegni che siano a carico dello Stato o di un altro ente pubblico”. Prima di lui, stessa sorte era toccata all’ex governatore della Sicilia, Totò Cuffaro, condannato per favoreggiamento alla mafia.
L’ex assessore Lo Giudice e la condanna
Lo Giudice era stato condannato a undici anni e quattro mesi, già scontati, nell’inchiesta “Alta mafia” culminata negli arresti del 29 marzo 2004. Secondo l’accusa aveva affidato appezzamenti di terreni confiscati alla mafia ad una cooperativa gestita dallo stessa “famiglia” a cui erano appartenuti. Altre accuse a lui contestate erano state: corruzione, riciclaggio e turbativa d’asta. Gli sono stati sequestrati beni per oltre cinque milioni di euro. Il 29 febbraio 2008 è stato condannato in primo grado a 16 anni e 8 mesi di reclusione. Nel dicembre del 2009 la pena è stata ridotta in appello a 11 anni e 4 mesi. Nel luglio 2013 dopo nove anni di carcere è tornato in libertà con obbligo di dimora a Canicattì.