Esce il film su Jesse Owens e svela la vera storia della reazione di Hitler
Ha riscritto la storia dello sport mondiale: l’incredibile avventura di Jesse Owens arriva sul grande schermo con Race – il colore della vittoria, il film diretto da Stephen Hopkins con Stephan James e Jeremy Irons. A 35 anni dalla sua morte, il film racconta la storia dell’atleta vincitore di quattro medaglie d’oro alle Olimpiadi di Berlino del 1936 attraverso la voce di sua figlia Marlene, promettendo di smentire alcune falsità sulla vita del campione come, ad esempio, di quando il Fuhrer non volle stringergli la mano. A Roma per la presentazione del film, il protagonista racconta la storia non detta del campione nero. «Nel 1936 in realtà l’America – dice Stephan James, nel Salone d’Onore del Coni – era una società chiusa e permeata da razzismo come vediamo nel film. Oggi non si può dire di essere in quella stessa condizione, basti pensare a quello che è successo agli Oscar. La situazione insomma non è sparita, per questo è importante raccontare storie come questa».
Il razzismo Usa contro Owens fu tenuto nascosto per anni
Ambientato tra Berlino e Montreal, “Race” rivela al mondo la versione del suo protagonista, non ascoltato in vita, su come a evitarlo non fu il cancelliere tedesco quanto l’allora presidente americano Franklin Delano Roosevelt, che non lo ricevette mai alla Casa Bianca, timoroso della reazione che avrebbero avuto gli Stati del Sud in piena campagna elettorale. Nato e cresciuto nell’America della grande depressione, permeata dal razzismo e dall’immobilismo sociale, Owens divenne leggenda nel 1936, quando, nello stadio Olimpico di Berlino vinse i 100 metri, il 3 agosto, il salto in lungo, il giorno dopo, ancora il 5 i 200 metri e, il 9 agosto, la staffetta 4×100. Quattro medaglie d’oro che azzerarono la fama del beniamino di Adolf Hitler, l’atleta tedesco Luz Long.