Monopoli editoriali e libertà di stampa: oltre le “battaglie di bandiera”
E’ stupefacente (e fa anche tanta tenerezza) che ci sia qualcuno che si indigna per l’accordo tra il Gruppo Editoriale L’Espresso e la Itedi, società che edita “La Stampa” e “Il Secolo XIX”. Ognuno fa la sua parte, d’accordo, a cominciare dalla pattuglia di Forza Italia, impegnata a stigmatizzare i rischi per la pluralità dell’informazione, per la democrazia, per la libertà, ecc. ecc…Siamo ad una pura “battaglia di bandiera”, con il solito retrogusto da figli-di-un-dio minore … “Se l’avesse fatto Silvio …”. Sì, certo, “Se l’avesse fatto Silvio …” apriti cielo. Ma già questa è una prova di debolezza, non solo per la storica incapacità del centrodestra a fare opinione (malgrado le tre reti televisive in capo a Berlusconi e famiglia) ma per le stesse garanzie di sistema.
Il problema di fondo, visto il contesto, è che parlare di “pluralità dell’informazione” è pura finzione. L’omologazione non nasce infatti dalle concentrazioni societarie, ma è già insita nel sistema informativo nazionale. Parliamoci chiaro, certe testate sembrano la fotocopia l’una dell’altra: stessi titoli, stesse campagne informative, stessi orientamenti culturali. Una noia mortifera a cui si aggiunge l’omologazione dei commenti, dei temi “forti”. A dettare la linea, più che gli “editori” o i direttori, è la logica del “politicamente corretto”, è la cultura dominante. A mancare è la comparazione delle opinioni, il doveroso distacco tra commenti e notizie, quel minimo di “pluralismo” che dovrebbe essere alla base della buona informazione. Non è un caso che il nostro Paese sia , in termini di libertà di informazione, al 65mo posto su 199 (dati 2014),venendo inserito nella schiera degli Stati che Freedom House, l’organizzazione non governativa statunitense che dal 1980 mappa e monitora lo stato della libertà di informazione nel mondo, definisce “parzialmente liberi”.
Nota inquietante: in Europa, il continente con la più alta concentrazione di Paesi nei quali la libertà di informazione c’è per davvero, il nostro Paese è la “pecora nera”(30mi su 42 nel continente europeo seguiti solo da Paesi come l’Ungheria, la Bulgaria, il Montenegro, la Croazia, la Serbia, la Romania, l’Albania, il Kosovo, la Bosnia Erzegovina, la Grecia, la Macedonia e la Turchia). L’operazione Espresso-La Stampa appare – a questo punto – come la classica ciliegina sulla torta, un po’ rancida, del sistema informativo nazionale. Lamentarsi serve poco. A chi crede veramente nella libertà di stampa di attivare le doverose contromisure, alzando il livello della controinformazione e proponendo interpretazioni “inusuali”. Le condizioni per riuscire nell’impresa ci sono tutte. Una volta tanto lo chiedono non solo i “mercati” ma la gente.