Marò, l’India annuncia: “Accetteremo il verdetto dell’Aja”. Un altro bluff?
L’Italia vuole che Salvatore Girone rientri in patria e che vi resti fino alla fine del procedimento arbitrale che la vede opposta all’India sulla vicenda dei due marò. E lo ribadirà il mercoledì e giovedì nell’udienza davanti al Tribunale arbitrale internazionale, istituito presso la Corte permanente di arbitrato dell’Aja e incaricato di dirimere la questione sulla giurisdizione del caso, contesa tra Roma e Delhi. Con il ricorso all’arbitrato internazionale, “il caso non è più una questione bilaterale”, ha dichiarato oggi il direttore generale per l’Europa occidentale del ministero degli Esteri indiano, K. Nandini Singla, alla vigilia – il 30 marzo – dell’atteso vertice a Bruxelles tra l’Ue e l’India, più volte rinviato anche a causa della crisi diplomatica con l’Italia. “Abbiamo sempre desiderato avere relazioni forti con l’Italia” che, ha sottolineato ancora Nandini, vediamo “come un partner chiave all’interno dell’Unione europea”. Ma intanto, tutto tace sul fronte delle indagini. A conferma che dalle autorità indiane la voglia di “fare melina” prevale su tutto….
Marò, le aperture dell’India
“L’Italia ha portato la questione al tribunale dell’Aja” e “l’India si è unita a questo processo, partecipando già a un’udienza ad Amburgo e con l’idea di continuare a partecipare”, ha proseguito il responsabile indiano, senza tuttavia entrare nel merito dell’udienza di mercoledì e giovedì prossimi. L’Ue potrebbe dunque sollevare al vertice la questione dei marò con il premier Narendra Modi, in cerca di un Accordo di libero scambio per accrescere il ruolo dell’India sulla scena globale. Il giorno dopo Modi volerà anche a Washington per il Summit sulla sicurezza nucleare, dove auspica di superare le resistenze degli Usa all’ingresso indiano al Nuclear Suppliers Group e di aprire così una via preferenziale verso l’adesione al Missile Technology Control Regime (Mtcr), su cui l’Italia ha invece posto il veto proprio per aumentare la pressione su Delhi. La richiesta di “misure provvisorie” a tutela del Fuciliere di Marina, da quattro anni residente nell’ambasciata italiana nella capitale indiana dove vive in libertà vigilata, era stata avanzata lo scorso 11 dicembre dal governo italiano. Richiesta resa ancor più urgente anche alla luce dei tempi lunghi previsti per la fine dell’arbitrato – non prima dell’estate del 2018 – che dovrà decidere se spetti alla magistratura italiana o a quella indiana occuparsi del caso dei due militari in servizio antipirateria accusati di aver ucciso due pescatori indiani il 15 febbraio 2012 al largo del Kerala. Intanto l’altro Fuciliere coinvolto, Massimiliano Latorre, si trova già a Taranto su permesso della Corte Suprema indiana per motivi di salute concesso dopo l’ictus che lo colpì nell’estate del 2014 e da allora più volte reiterato. L’ultimo permesso scadrà il 30 aprile e una nuova udienza dell’Alta corte indiana è prevista il 13 aprile. Dal canto suo, l’Italia ha già fatto sapere che Latorre, tuttora alle prese con la difficile riabilitazione dalla malattia, resterà a casa fino alla fine dell’arbitrato, forte della sentenza con cui lo scorso agosto il Tribunale del mare di Amburgo (Itlos) impose a Italia e India di congelare ogni procedimento giudiziario nei confronti dei due militari.