Pantani era innocente, fu incastrato dalla camorra: spunta la prova certa

14 Mar 2016 18:05 - di Redazione

«Fu la camorra a far perdere il Giro a Pantani». “Sì”, ripetuto cinque volte, come risposta alla domanda se è vero che ci fu un complotto della camorra per far perdere il Giro d’Italia a Marco Pantani nel 1999. Un’intercettazione telefonica di un detenuto vicino alla camorra e ad ambienti legati alle scommesse clandestine riaccende il caso del campione del ciclismo trovato morto in un residence a Rimini il 14 febbraio 2004. L’uomo intercettato è lo stesso che, secondo Renato Vallanzasca, confidò in prigione al criminale milanese quale sarebbe stato l’esito del Giro d’Italia del ’99: ovvero che Pantani non avrebbe finito la corsa. Dopo le dichiarazioni di Vallanzasca, e grazie al lavoro della procura di Forlì e di quella di Napoli, l’uomo è stato identificato e interrogato e subito dopo ha telefonato a un parente. Telefonata che la procura ha intercettato e che Premium Sport ha diffuso per la prima volta in esclusiva.

Pantani, i passaggi della telefonata intercettata

Questi alcuni passaggi della telefonata intercettata: Uomo: «Vallanzasca poche sere fa ha fatto delle dichiarazioni». Parente: «Una dichiarazione…». Uomo: «Dicendo che un camorrista di grosso calibro gli avrebbe detto: Guarda che il Giro d’Italia non lo vince Pantani, non arriva alla fine. Perché sbanca tutte ‘e cose perché si sono giocati tutti quanti a ‘isso. E quindi praticamente la camorra ha fatto perdere il Giro a Pantani. Cambiando le provette e facendolo risultare dopato. Questa cosa ci tiene a saperla anche la mamma». Parente: «Ma è vera questa cosa?». Uomo: «Sì, sì, sì… sì, sì».

Pantani, la reazione della madre

«Finalmente qualcuno è riuscito a fare un buon lavoro», è il commento di Tonina Pantani, mamma del campione, ai microfoni di Premium Sport. «Devo ringraziare i ragazzi di Forlì, che ci hanno messo un grande impegno. Non mi ridanno Marco, logicamente, ma pensi gli ridiano la dignità, anche se per me non l’ha mai persa – ha aggiunto –  Le parole di questa intercettazione fanno male, è una conferma di quello che ha sempre detto Marco, cioè che l’avevano fregato. Io mio figlio lo conoscevo molto bene: Marco, se non era a posto quella mattina, faceva come tutti gli altri. Si sarebbe preso quei quindici giorni a casa e poi sarebbe rientrato, calmo. Però non l’ha mai accettato, non l’ha mai accettato perché non era vero».

 

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