A scuola di guerra: l’Isis addestra i bambini con i metodi di Hitler
Il Corano nel cuore e nella testa, in mano il coltello e la pistola: il combattente islamico del futuro sarà più forte, più motivato e più spietato di qualunque mujaheddin adulto di oggi, nella “utopia” del Califfato, che sta allevando migliaia di bambini, molti anche di origine europea, alla violenza senza remore né dubbi pervasa dei valori dell’Islam più radicale che si posa immaginare. A lanciare l’Sos è il rapporto “Children of the Islamic State” (Bambini dello Stato islamico) della Quilliam Foundation – think tank britannico contro l’estremismo religioso -, che stima che almeno 50 bimbi con cittadinanza britannica stanno crescendo nei vivai dell’Isis in Siria e in Iraq. I bambini, nella dottrina jihadista estrema, sono “puri”, cioè non contaminati da educazione, valori o abitudini occidentali o comunque non islamici. «Questi bambini vengono salvati dalla corruzione», si legge in un passo del rapporto di Quilliam, che viene rilanciato da vari media britannici, «facendone dei combattenti molti più solidi dei mujaheddin attuali, perché avranno un comprensione superiore e più profonda dell’Islam, impartito nell’educazione, e saranno più forti e più brutali nel combattimento perché addestrati fin da piccoli» o, meglio ancora, fin dalla culla.
Bambini addestrati dall’Isis anche come spie
Un’educazione ripulita di qualunque disciplina possa ingenerare dubbio e crescere poi nella personalità del bambino come il germe dell’ateismo – dal disegno alla filosofia. Alcuni bambini vengono addestrati come spie, altri come predicatori, altri ancora come soldati o come kamikaze o come tagliagole, in base ai loro talenti. Le bambine, “perle del califfato”, vengono subito velate, nascoste in casa ad accudire i maschi. Ma per i maschi, la violenza diventa normale, perché fin dalla tenera età i mujaheddin del futuro assistono a truculente esecuzioni pubbliche, a combattimenti, a video di violenze e maneggiano armi-giocattolo con la promessa di una vera, al momento opportuno. Il fine di questo lavaggio del cervello è di “preparare una nuova, più forte seconda generazione di combattenti, educati e condizionati a essere la risorsa del futuro per la comunità, cioè per lo Stato islamico, che si ritiene abbia arruolato almeno 80.000 mujaheddin (50.000 in Siria e 30.000 in Iraq), di cui 30.000 stranieri e imponga il suo dominio su circa sei milioni di persone. E diversi fra i ragazzini e i bambini nelle file dell’Isis hanno già assunto le loro funzioni: solo negli ultimi sei mesi sono stati lanciati dalla propaganda jihadista ben 12 bambini “boia”, che sparano alla testa delle vittime o, come in un recente video-shock, che fanno detonare con un telecomando un’autobomba al cui interno sono intrappolate quattro presunte “spie”. Piccoli assassini che ricevono poi affettuosi incoraggiamenti – una carezza, un buffetto o un abbraccio – da un istruttore o da un genitore.
Le maniere forti, tra bastone e corate
E per quelli che si mostrassero refrattari alla “carota dell’indottrinamento, alcuni messaggi di propaganda evocano il “bastone”: atroci punizioni, come la fustigazione, la tortura, lo stupro. Molti sono figli di militanti locali, altri di stranieri, ma molti sono anche rapiti, strappati ai loro genitori naturali, magari yazidi o turcomanni di Ninive, e inviati nei campi-scuola, dove impareranno a memoria i versetti del Corano e brandiranno un coltello o una pistola. Un indottrinamento che, secondo la fondazione Quilliam, sarebbe fortemente debitore del Terzo Reich hitleriano: notizie “credibili ma non confermate” – si legge nel rapporto – parlano di una organizzazione chiamata Fityan al Islam (I ragazzi dell’Islam): una sorta di Gioventù hitleriana, che promette di creare legioni di fanatici potenzialmente molto più pericolose dei Cuccioli di leone di Saddam Hussein e anche delle divisioni di bambini-soldato reclutate a forza dal signore della guerra liberiano Charles Taylor o dall’Esercito del signore ugandese.