Abrini era pronto a colpire di nuovo in Francia insieme ad altri jihadisti

10 Apr 2016 12:39 - di Paolo Lami

Mohamed Abrini, il jihadista arrestato ieri e che sostiene di essere l’uomo col cappello dell’attacco all’aeroporto di Zaventem, era pronto a colpire di nuovo in Francia insieme ad altri terroristi. Lo ha confermato oggi la Procura federale belga dopo le prime indiscrezioni di stampa di ieri.
Abrini, come si legge sulla Dernière Heure online, è stato incriminato per aver partecipato alle attività di un gruppo terroristico, per omicidio e tentativo di omicidio legato al terrorismo, nell’ambito degli attentati di Zaventem e Bruxelles il 22 marzo.
La procura conferma in particolare che Abrini ed i suoi complici erano pronti a colpire in Francia e che “spiazzato dall’inchiesta che faceva progressi da gigante” ha deciso invece, vista l’urgenza, di colpire Bruxelles.
Secondo gli inquirenti insieme ad Abrini, ricercato dai tempi degli attacchi parigini del 13 novembre in quanto complice di Salah Abdeslam, arrestato il mese scorso, facevano parte del commando di Zaventem Najim Lachraoui e Ibrahim El Bakraoui, i due kamikaze.
Ma c’è chi dubita fortemente che Abrini sia effettivamente l’uomo col cappello dell’attacco all’aeroporto di Zaventem: per l’analista Pieter Van Ostayen, l’ipotesi appare poco credibile: “E’ soltanto un presentimento – spiega l’esperto – ma posso difficilmente immaginare che qualcuno di così importante in seno all’Isis sia l’uomo col cappello. Non posso credere che chi riveste un ruolo di spicco in seno alla Stato islamico possa dichiarare tutto d’un botto “le cose si sono svolte in questo modo” e spiegare di aver venduto il cappello. Non ci credo neanche un minuto”.
Van Ostayen pensa che le dichiarazioni di Abrini abbiano come obiettivo di “coprire” e proteggere il resto della rete terroristica ancora in libertà.
La Dernière Heure rivela dal canto suo che Assia B., 43 anni, la donna che ha ospitato Abrini per qualche giorno ad Anderlecht, uno dei quartieri di Bruxelles, ha accettato di tenerlo in casa in cambio di una birra, a dir vero uno strano “regalo” da parte di un militante jihadista.
Secondo il quotidiano “per quanto incredibile sia, il racconto di Assia B. sembra al momento aver convinto gli inquirenti, che probabilmente hanno messo in conto i suoi pesanti antecedenti psichiatrici per convincersene”.
Assia, ascoltata a lungo dalla polizia e poi rimandata a casa, sostiene di aver incontrato Abrini in un bar. “Mi ha prestato due euro per una birra e mi ha detto che non poteva tornare a casa perché aveva chiuso la porta lasciando chiavi, cellulare e portafoglio all’interno. Quindi non poteva neppure andare in albergo”.
La donna precisa che Abrini “giocava spesso con le slot machine. Aveva molto denaro con sé, mazzette da 20 e 50 euro”. Non lo ha denunciato perché all’inizio non lo aveva riconosciuto, ma contava di farlo una volta capito con chi aveva a che fare. “Non mi ha mai parlato di religione – conclude Assia -, anzi. Mi ha solo detto un po’ di cazzate. Gli ho fatto la spesa, gli ho comprato soltanto da mangiare. Usciva soprattutto a fine giornata e dormiva sul divano. Avrebbe dovuto andarsene venerdì sera”.

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