Follie giornalistiche: per Magris il voto in Austria annuncia l’apocalisse
L’Austria è diventata quasi tutta blu, il colore dell’Fpö, e Norbert Hofer ha ottime possibilità di diventare il nuovo presidente della repubblica. Neppure ai tempi di Haider – che pure era Haider – la destra austriaca aveva ottenuto una vittoria così piena, tonda. Inequivocabile. Al termine dello scrutinio i risultati sono i seguenti: Norbert Hofer (Fpö) 35,3 %, Alexander Van der Bellen (ex verde) 21,3%, Irmgard Griss (indipendente) 19,0%, Andreas Khol (Övp, ex presidente del Parlamento) 11,1%, Rudolf Hundstorfer (Spö, ministro agli affari sociali dimessosi per candidarsi) 10,9%. Al 2,3 è rimasto il sesto candidato, Richard Lugner, un bizzarro riccone.
Il terremoto politico in Austria
Le conseguenze non si sono fatte attendere. Il terremoto austriaco ha subito agitato gli euroburocrati e i vari governi del continente (Berlino e Roma in primis) e confuso gran parte dei mass media. Indicativo a riguardo il Corriere della Sera. Il commento è stato affidato a Claudio Magris che si allarma intravedendo dal suo comodo eremo al caffè San Marco di Trieste «il rischio di un’Europa barbarica (?)», annuncio di un improbabile ritorno agli anni Trenta del Novecento. Insomma, «la fine del mondo è vicina», il neonazismo (??) è in marcia e oggi Vienna è «l’osservatorio meteorologico dell’apocalisse» (???).
Un consiglio. Il buon Magris si rassereni, beva meno caffè e torni ai suoi amati libri. Il voto austriaco, trans-ideologico e innovativo, non rappresenta una catastrofe epocale ma una legittima rottura democratica. Il verdetto dei nostri vicini segna un momento di discontinuità in un sistema bloccato, egemonizzato per settant’anni dal duopolio Spö – Övp, che avevano sempre eletto uno di loro a capo dello Stato, che avevano governato quasi sempre assieme nel segno del consociativismo e degli affari più o meno puliti.
Altro punto importante, l’emergenza migranti ha certamente pesato sul voto ma non è stata determinante. Il tracollo dei partiti tradizionali è la conseguenza diretta delle mancate riforme, compresa quella delle pensioni, miseramente fallita alla fine di febbraio per veti reciproci. Da parte sua Hofer non ha approfittato (lo riconoscono tutti i media austriaci) della questione immigrazione. Pur ribadendo le parole d’ordine del suo partito (controllo dei confini, rimpatri, riduzione degli aiuti), il candidato ha imperniato la campagna su temi sociali e forti critiche all’Unione Europea e alla Germania merkelliana, evitando accuratamente ogni tono “nostalgico” o revanscista. A premiarlo sono stati soprattutto i ceti più esposti, più deboli. Non a caso il 65% degli operai socialisti hanno votato Hofer: l’Spö non è più il partito della classe operaia.
Il 22 maggio si andrà al ballottaggio tra i primi due, Hofer e Van der Bellen, il 22 maggio. Difficile fare previsioni. Di certo, gli scenari futuri saranno radicalmente differenti dal passato ma nessuna apocalisse è all’orizzonte. Magris si tranquilizzi.