Nella guerra con le toghe Renzi si nasconde. Ma così non avrà vita lunga
Lascia francamente basiti la non-reazione del governo (ma anche del Parlamento, vero presidenti Grasso e Boldrini?) all’attacco frontale mosso dal neo-presidente dell’Anm, Piercamillo Davigo, alle istituzioni, politiche e non (vero, presidente Cantone?). Certo, è comprensibile e in qualche senso persino condivisibile la scelta di Renzi di non farsi trascinare sul ring, ma è altrettanto vero che l’ex-Rottamatore ha perso un’occasione unica per rivendicare, simmetricamente a quella delle toghe, l’autonomia della politica. Invece, da parte del suo partito e della sua maggioranza è stato tutto uno sciorinare leggi, decreti, circolari e buone intenzioni attestanti il vigore renziano nel perseguire in lungo e in largo corrotti e masnadieri. Un modo come dire a Davigo «scusa, ma perché ci attacchi?». E qui finisce la non-reazione politica compreso l’irritato stupore di Renzi, scioccato dall’essere accostato a Berlusconi dopo aver svolto i “compiti a casa” in materia di giustizia: istituzione dell’Anac, inasprimento delle pene per il voto di scambio, reintroduzione del falso in bilancio e via elencando. Proprio per questo l’attacco ricevuto dovrebbe convincerlo che il riequilibrio tra poteri è una necessità del sistema e non un’ossessione berlusconiana. Renzi ha invece preferito che la vera reazione alle parole di Davigo venisse dall’interno della stessa magistratura (Edmondo Bruti Liberati, Nicola Gratteri, Luca Palamara) e dal Csm, il cui vicepresidente Giovanni Legnini, ha diffuso una nota molto critica concordata con il presidente Mattarella. Non è poco dopo vent’anni di feroce corpo a corpo tra politica e toghe. Ma per Renzi rischia di risolversi in una vittoria di Pirro se non vi farà seguire una chiara riaffermazione del primato della politica, inteso come potere che risponde del proprio operato al sovrano legale, cioè al popolo. Ovviamente, non è un peso che può gravare esclusivamente sulle spalle del premier Renzi e neppure può prescindere da un recupero di tensione ideale e morale da parte di quel che resta dei partiti. Più facile a dirsi che a farsi, con una politica a tal punto invigliacchita da implorare una concertazione impossibile (a Roma è ormai di moda annunciare la trasmissione in Procura delle liste dei candidati) con poteri terzi e neutrali. Ma è ora che si cominci se non vogliamo che le uniche elezioni cui potremo assistere saranno quelle per scegliere i successori di Davigo all’Anm.