L’ANALISI – I “Panama Papers”, Putin e il centrodestra italiano

8 Apr 2016 11:18 - di Carmelo Briguglio

Secondo le rivelazioni dei “Panama Papers”, Vladimir Putin è il più eminente tra i vip del pianeta che hanno occultato all’estero grandi ricchezze. Mentre il primo ministro della piccola Islanda si è dovuto dimettere e Cameron è in difficoltà per il coinvolgimento del padre (defunto), il capo del Cremlino ha fatto replicare da un portavoce che si tratta del solito complotto orchestrato dagli americani ai danni del popolo russo. Nessun’altra spiegazione è stata data da Putin, sia perché niente e nessuno lo potrebbe obbligare, dentro e fuori i confini, sia perché sarebbe complicato per lui chiarire il mistero di suoi amici e persone a lui vicinissime, baciati da una fortuna improvvisa e miliardaria. Architrave della connection affaristica è “Rossia, la banque des copains de Poutine”, ha scritto Le Monde.

Il centrodestra e l’empatia per Putin

É scontato che delle carte panamensi molti media s’interessino a gossip e intrighi: l’odore dei soldi, attraverso il fisco violato o eluso, porta al “colore” dei tesori off-shore di famiglie e famigli di reali, capi di stato e di governo, leader e celebrità mondiali. A noi interessa, invece, una questione tutta politica: le influenze e le simpatie che passano tra Putin e le forze del centrodestra italiano. Neppure questo scandalo globale, frutto del lavoro benemerito dell’International Consortium of Investigative Journalists, il network mondiale di testate e giornalisti d’inchiesta (tra cui Le Monde in Francia e l’Espresso in Italia) è in grado di fare riflettere le classi dirigenti e gli intellettuali non progressisti sulla bontà del “putinismo” ? Con la fine dei governi di centrodestra in Italia, le aree politiche che ne fecero parte, sembrano letteralmente infatuate dalla personalità e dal ruolo di Putin, ne sembrano attratte fatalmente. Silvio Berlusconi, in particolare, si fa portavoce tout court del presidente russo. Senza prendere per buone voci e insinuazioni non verificate, l’ex premier è di certo legato a Putin da amicizia fraterna; rapporti personali che condizionano la linea di politica estera di Forza Italia. Ne è influenzato, ad esempio, il no di Berlusconi alle sanzioni Ue dopo la crisi ucraina. Il leader di FI ha persino accettato di essere ospite di Putin in Crimea: un atto abrasivo di inopportunità politica e istituzionale che sicuramente l’ex premier italiano non avrà valutato appieno. Anche le posizioni assunte dall’ex presidente del Consiglio sui dossier Siria e Libia riflettono le posizioni di Mosca. È pur vero che un tempo le posture “putiniste” di Berlusconi erano attenuate e controbilanciate da ottimi rapporti con la Casa Bianca durante la presidenza di George W. Bush, col quale – fa parte del suo modo di essere anche nelle relazioni internazionali- Berlusconi aveva stabilito un robusto rapporto personale. L’accoglienza al Congresso Usa riservato all’allora capo del nostro governo e il vertice positivo Nato-Russia svoltosi nel 2002 a Pratica di Mare, lo testimoniano. Con l’avvento dell'”abbronzato”, democrat, Barack Obama alla Casa Bianca, Berlusconi è scivolato verso più marcate posizioni filo-russe. Ed è fermo lì.
Anche la Lega Nord è stata folgorata da Putin che, comunque, Matteo Salvini non ha incontrato mai e non poteva incontrare di persona. E, probabilmente, è leggenda la ricerca leghista di fondi presso banche controllate dal Cremlino. Ma è dato politico consolidato la sbandata del Carroccio per Putin. Da Bossi che ricorreva a toni estremi contro la repressione in Cecenia (” I nostri fratelli ceceni hanno bisogno dei fucili padani”) siamo ora passati a Salvini il quale protesta che “la Nato giochi alla guerra con la Russia e non si preoccupi di sterminare l’Isis”. La Lega spara tuttora a zero contro le sanzioni Ue, con la motivazione che danneggiano gli interessi italiani.

Putin e la destra

Più complesso il versante della destra italiana, in Parlamento rappresentata da Fratelli d’Italia e, fuori, da forze minori (Storace, Azione Nazionale). Il Msi superò la tentazione di rivalsa per la guerra perduta contro gli americani e fece una scelta di campo in favore della Nato. E, successivamente, ad Alleanza Nazionale, nei governi Berlusconi, è toccato guidare la politica estera e della sicurezza dalle postazioni della Farnesina e della Difesa. In questo quadro di responsabilità internazionali, nulla ha mai fatto pensare a simpatie “putiniste”; anzi il retroterra culturale o “ideologico” delle personalità di destra che occuparono quelle postazioni (Fini, La Russa e poi, con Monti, lo stesso ex ambasciatore italiano a New York, Giulio Terzi, oggi in Fdi) le ha fatte mantenere nell’ortodossia rigorosa delle relazioni transatlantiche e dell’alleanza sancita dai trattati Nato. In tale visione geopolitica, la Russia stava e sta “dall’altra parte”. Con questo percorso, Fdi sembra il meno attaccato, tra i tre partiti del centrodestra, dal contagio di empatia per l’ex capo del Kgb che oggi governa la Federazione Russa. Oltre una generica critica alle sanzioni Ue, il partito della Meloni non è mai andato. Non ha seguìto più di tanto né Salvini, né Marine Le Pen (anche lei finita insieme al padre nei “Panama Papers”) in eccessi di “putinismo”. Neppure a destra di Fdi, i segmenti e le personalità ex An, accanto ad antichi retaggi e aggiornate posizioni anti-Usa (attuale e condivisa a destra quella contro il TTIP) non pare abbiano sviluppato smodati entusiasmi filo-russi.

Dai “Panama Papers” nuove chiavi di lettura

Oggi i “Panama Papers” offrono nuovi elementi di analisi che, nell’ottica dell’interesse nazionale e della politica estera dell’Italia, sarebbe errato sottovalutare, almeno sulla “rive droit“. Il “caso Putin”, emerso dagli oltre 11 milioni di documenti sottratti agli archivi dello studio Mossack Fonseca, non intacca il dato di fatto che la Russia ha un grande ruolo, utile anche ai fini della guerra all’Isis: con essa è importante stabilire più intense relazioni diplomatiche ed economiche. Ma, conferma che non è affatto una democrazia politica, nel senso che noi occidentali intendiamo. Putin è il presidente di un paese dove non esistono né opposizioni, né media realmente liberi di esercitare il proprio ruolo. E restano autentici gialli gli assassini, oscuri e impuniti, di giornalisti e oppositori: uno sfondo tipico della vita interna degli stati totalitari e autoritari. Ora i documenti dei “Panama Papers” aprono i riflettori su pesanti elementi di commistione tra proprietà pubbliche e private del capo del Cremlino, facendo emergere la sagoma di un’antistorica e inquietante forma di Stato semi-patrimoniale che è l’esatto contrario dei concetti di Stato di diritto, Nazione, sovranità popolare; concetti che, pur nella diaspora di sigle e appartenenze, sono condivisi dalla comune cultura politica e da tutte le appartenenze della destra post-An. Tanto può bastare perché il centrodestra, o almeno la destra, ponderi meglio la propria linea di politica estera e guardi con più attenzione a un certo, incontrollato, feeling con la Russia di Vladimir Putin?

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