«Mafia uguale fascismo»: la frase del vescovo di Palermo falsifica la storia
Contiene evidenti falsità storiche l’affermazione di Corrado Lorefice, arcivescovo metropolita di Palermo da pochi mesi, riportata dall’agenzia Ansa: «La Costituzione è stata scritta da ragazzini di culture diverse, che ce l’hanno regalata, mentre l’Italia usciva dalla guerra. Fascismo e Mafia è la stessa cosa. Dobbiamo saper riconoscere gli uomini di estrazione diversa che si sono battuti per la giustizia e per la legalità». L’arcivescovo di Palermo ha detto questa enormità, a margine del 34° anniversario dell’eccidio del parlamentare del Pci Pio La Torre e del suo collaboratore Rosario Di Salvo. Queste parole, oltre a rappresentare un’offesa per tutti coloro che la mafia, durante il fascismo, l’hanno combattuta e vinta, a differenza di chi è venuto dopo, è soprattutto una menzogna storica: fascismo e mafia, al contrario di quanto esternato dall’arcivescovo, sono due cose esattamente opposte: senso dello Stato, delle istituzioni, rigore giuridico, leggi speciali, forze di polizia motivate ed efficienti, nessuno sconto per chi delinque, da una parte; nessun rispetto per le leggi e la comunità, avidità, desiderio di sopraffazione, dall’altra.
Il fascismo fu l’unico governo che la mafia la sconfisse
Ma oltre a questo l’arcivescovo di Palermo, nominato di recente da papa Francesco, ignora oltre che la realtà attuale, la storia: il governo Mussolini fu l’unico in Italia che la mafia la sconfisse davvero, combattendola senza risparmio di mezzi e non guardando in faccia a nessuno, inviando nell’isola dove la chiesa ha scarsissima memoria, uno dei suoi uomini migliori, il prefetto Cesare Mori, che in pochi anni ridusse al silenzio Cosa Nostra, incarcerandone i principali esponenti e costringendo gli altri all’esilio. Dopo la guerra, caduto il fascismo, la storia ci racconta come la mafia tornò in Sicilia, ed è storia dell’altro ieri, che Lorefice dovrebbe aver studiato, almeno sommariamente: i boss mafiosi tornarono insieme con le truppe di invasione americane, dove frattanto avevano esportato la mafia, e ripresero possesso dell’isola e dell’Italia. Rispetto allora per tutte le persone assassinate dalla mafia, e rispetto per chi riuscì a ridurla al silenzio nella consapevolezza che non ci può essere uno Stato nello Stato. Per quanto riguarda l’arcivescovo di Palermo, città duramente colpita dai crimini mafiosi, possiamo solo augurarci che le sue parole siano state travisate.