Non tutti i mali vengono per nuocere. Lo choc di Roma fa bene al centrodestra
A guardare la confusione in cui si dibatte il centrodestra romano, viene davvero la voglia di riabilitare le tanto bistrattate primarie. Che saranno pure una mezza fetenzia (come ben sa il Pd) ma almeno un candidato unitario riescono a partorirlo. Le avessero fatte anche Berlusconi e compagnia, oggi non staremmo qui a contare i candidati a sindaco e a fare i conti sugli zerovirgola nella speranza che almeno uno di loro acceda al ballottaggio. Ma ormai è andata e a nulla serve recriminare. Serve, invece, al di là delle invocazioni e degli accorati appelli all’unità che ciascuno dei candidati lancia all’indirizzo dei rivali, capire se esista davvero la possibilità per la coalizione di presentarsi compatta dietro un unico campione cui affidare la riconquista del Campidoglio. I segnali in tal senso non sono però per nulla incoraggianti. E si capisce: Roma si avvia a trasformarsi nel laboratorio in cui può prendere forma un nuovo centrodestra. È uno scivolamento lento, il cui senso forse non viene neppure colto appieno dagli stessi protagonisti, ma che visto dall’esterno appare ineluttabile. Se così non fosse, non vedremmo la Meloni e Salvini su barricate opposte a quelle di Berlusconi e a Storace e non troveremmo Marchini impegnato a «pensare ad una opzione per ridare speranza a tutto quell’enorme mondo che non si riconosce oggi né nel Pd né nel M5S». È chiaro che se la posta in gioco è la leadership della coalizione nessuno dei contendenti farà un passo indietro se non, forse, Bertolaso, cioè l’unico che non può e non vuole aspirarvi. Ma a vantaggio di chi Forza Italia potrebbe ritirare dalla corsa l’ex-capo della Protezione civile? I sondaggi danno la Meloni ad un’incollatura da Giachetti, cioè vicinissima alla soglia del ballottaggio. Ma agli occhi di Berlusconi la leader di FdI-An (così come Salvini) ha la “colpa” di aver scaricato Bertolaso dopo averlo candidato. Un gesto che il Cavaliere potrebbe considerare un attentato alla propria leadership e perciò difficilmente archiviabile. Nulla di strano, quindi, se – come del resto già preconizzato da Marchini sul Corriere della Sera – a Roma vedremo un centrodestra a doppia trazione, cioè con due candidati che si contenderanno la terza piazza. Inutile, se riferita alla corsa per il Campidoglio. Utilissima, se riferita alla lotta per la leadership dei moderati. Insomma, quelle primarie cacciate dalla porta potranno rientrare dalla finestra. Non più per indicare il candidato del centrodestra a Roma, ma per designare l’erede del Cavaliere.