Almirante mai razzista. Ecco chi firmò quel manifesto (e ha strade intitolate)

24 Mag 2016 18:03 - di Antonio Pannullo

Molto interessante il piccolo scoop del Fatto Quotidiano, che interviene con una curiosità alla quale francamente non avevamo pensato neanche noi del Secolo d’Italia, che di Giorgio Almirante dovremmo sapere tutto. La questione è quella della via di Roma da intitolare ad Almirante, rilanciata da Giorgia Meloni, che ha dato la stura ai soliti antifascisti in servizio permanente effettivo e scatenato il solito, trito e vieto dibattito fascismo-antifascismo. In realtà è una polemica che non esiste, perché in tutta Italia ci sono già decine di vie, larghi, parchi, passeggiate, giardini, dedicati a Giorgio Almirante, il quale anche dal punto di vista toponomastico è stato “sdoganato” da tempo, ammesso che di sdoganamento avesse bisogno. Ma la questione posta dal Fatto è diversa, particolare, e riguarda la fantomatica firma che Giorgio Almirante avrebbe apposto insieme ad altri trecento intellettuali e giornalisti a un manifesto che sosteneva il famigerato Manifesto per la difesa della Razza con cui poi si sarebbero varate in Italia le cosiddette leggi razziali, certamente il più grande errore e orrore del fascismo. Siamo abituati: ciclicamente, anche quando Almirante era in vita, si riproponevano calunniose asserzioni per delegittimarlo e delegittimare il Movimento Sociale Italiano, del quale fu lungamente segretario, tra cui, oltre a questa, smentita più volte, della firma al manifesto della difesa della razza, anche quella, altrettanto fantasiosa, della firma di Almirante in calce a un manifesto della Rsi con il quale si minacciava la fucilazione per disertori e renitenti alla leva. Almirante fu costretto a querelare chi propalava tali menzogne, e un annoso processo stabilì che ovviamente Almirante non c’entrava nulla. Si trattava di un manifesto affisso in un paesino del Grossetano, e solo in quello, in cui Almirante, che a Salò faceva il giornalista e non il militare, minacciava fucilazioni. Era talmente grossolana la panzana che Almirante ci scrisse pure un libro, Autobiografia di un fucilatore.

Almirante condannò sempre ogni forma di razzismo e di discriminazione

Per quanto riguarda il manifesto delle difesa della razza, Almirante disse che naturalmente non lo firmò, ma in ogni caso prese le distanze nel modo più fermo e deciso possibile da quelle leggi e dallo spirito che le animò. Ora, i firmatari del Manifesto della Razza erano solo dieci scienziati, ben individuati, e di qualcuno di loro la firma è anche stata smentita e messa in dubbio. Tra questi dieci ovviamente Almirante non c’era. Il caso si è creato perché nel 2005 uscì il libro di Franco Cuomo, I Dieci. Chi erano gli scienziati italiani che firmarono il manifesto della razza, al cui interno è pubblicato un lungo elenco di presunti aderenti al Manifesto stesso. Vi si possono leggere nomi noti e meno noti: oltre a personaggi molto famosi del fascismo come Farinacci, Pavolini, Starace, Buffarini Guidi, Bottai e moltissimi altri, si trovano ad esempio Pietro Badoglio, Costamagna, Mezzasoma, Amintore Fanfani e Agostino Gemelli (cui fa riferimento il Fatto), altri due prelati, oltre che naturalmente lo stesso Almirante. Il problema, storicamente. è che l’elenco stesso non sembra essere attendibile, perché non viene indicata alcuna fonte. Probabilmente in questo e altri elenchi di presunti sostenitori dell’antisemitismo sono state incluse le personalità che avevano fatto in alcune occasioni affermazioni razziste. In ogni caso, moltissimi di coloro che furono negli anni accusati di aver messo la fatidica firma, hanno o negato di averlo fatto o comunque condannato nel modo più fermo e inequivocabile le leggi razziali, come fece più volte lo stesso Almirante. Venendo alla “chicca” del Fatto Quotidiano, si fa notare in un piccolo articolo che a molti dei firmatari del manifesto in questione, o presunti tali, in realtà a Roma sono intitolate vie e strade, tranne appunto che ad Almirante. È vero, e non solo a Roma, ma anche a Salerno c’è una strada dedicata a uno dei dieci scienziati firmatari originali. Insomma, per Almirante si cerca ancora oggi ogni scusa per denigrarlo, perché il suo insegnamento politico è attuale e la sua morale fu adamantina. Forse per questo gli uomini politici di oggi tendono a dimenticarlo e a farlo dimenticare, impresa impossibile. Ma cerchino altri elementi, non le firme fantomatiche sotto manifesti o bandi della Rsi. Si confrontino con le idee e il progetto di Almirante, non andando a cercare impossibili scheletri nell’armadio.

 

Commenti

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  • Baccus 23 Gennaio 2020

    Grandi, siete riusciti a fare l’en plein delle falsità… Almirante davvero querelò i giornalisti dell’Unità, ma perse. Il direttore di allora, Ricchini, donò tutta la documentazione a questo fondo di Grosseto: Almirante firmò quel documento iun qualità di vice del Ministro della Propaganda della RSI. E il dire che non era uno dei primi dieci firmatari del Manifesto della Razza non significa che non l’avesse firmato (cosa che invece ha fatto)!! Che schifo che fate

    https://www.isgrec.it/il-fondo-carlo-ricchini/

    • Francesco Storace 24 Gennaio 2020

      ti confondi con Scalfari, Ingrao, ecc…

  • Salvatore 18 Luglio 2018

    Razzismo: ecco cosa scrisse Almirante
    Le parole scritte nel 1942 dall’ex segretario del Msi: «Il razzismo ha da essere cibo di tutti»

    ROMA – Un testo che, a distanza di 66 anni, fa ancora discutere.
    Giorgio Almirante (Archivio Corsera)
    Ecco le parole scritte da Giorgio Almirante il 5 maggio 1942 su «La Difesa della razza» e citate alla Camera dal deputato Emanuele Fiano, a cui è seguita la dura condanna da parte del presidente della Camera Gianfranco Fini.

    IL TESTO – «Il razzismo – sciveva il futuro segretario del Msi – ha da essere cibo di tutti e per tutti, se veramente vogliamo che in Italia ci sia, e sia viva in tutti, la coscienza della razza. Il razzismo nostro deve essere quello del sangue, che scorre nelle mie vene, che io sento rifluire in me, e posso vedere, analizzare e confrontare col sangue degli altri. Il razzismo nostro deve essere quello della carne e dei muscoli; e dello spirito, sì, ma in quanto alberga in questi determinati corpi, i quali vivono in questo determinato Paese; non di uno spirito vagolante tra le ombre incerte d’una tradizione molteplice o di un universalismo fittizio e ingannatore». «Altrimenti – scriveva ancora Almirante – finiremo per fare il gioco dei meticci e degli ebrei; degli ebrei che, come hanno potuto in troppi casi cambiar nome e confondersi con noi, così potranno, ancor più facilmente e senza neppure il bisogno di pratiche dispendiose e laboriose, fingere un mutamento di spirito e dirsi più italiani di noi, e simulare di esserlo, e riuscire a passare per tali. Non c’è che un attestato col quale si possa imporre l’altolà al meticciato e all’ebraismo: l’attestato del sangue».

    IL SUO RUOLO NELLA RIVISTA – Almirante fu segretario di redazione dal settembre 1938 de «La Difesa della Razza», la rivista diretta da Telesio Interlandi che uscì col primo numero il 5 agosto del 1938 e venne stampata, con cadenza quindicinale, fino al 20 giugno del 1943 per rilanciare l’antisemitismo in termini molto più espliciti ed aggressivi di quanto non fosse mai accaduto in precedenza. In quest’opera che accompagnò la promulgazione delle leggi razziali (volute da Mussolini e controfirmate da Vittorio Emanuele III) la rivista si affiancò ad altre testate d’assalto tra cui «Il Tevere» di Telesio Interlandi, «Il regime fascista» di Roberto Farinacci e «La vita italiana» di Giovanni Preziosi.

    28 maggio 2008

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  • Paolo Animato 17 Giugno 2018

    «Il razzismo ha da essere cibo di tutti e per tutti, se veramente vogliamo che in Italia ci sia, e sia viva in tutti, la coscienza della razza. Il razzismo nostro deve essere quello del sangue, che scorre nelle mie vene, che io sento rifluire in me, e posso vedere, analizzare e confrontare col sangue degli altri. Il razzismo nostro deve essere quello della carne e dei muscoli; e dello spirito, sì, ma in quanto alberga in questi determinati corpi, i quali vivono in questo determinato Paese; non di uno spirito vagolante tra le ombre incerte d’una tradizione molteplice o di un universalismo fittizio e ingannatore.
    Altrimenti finiremo per fare il gioco dei meticci e degli ebrei; degli ebrei che, come hanno potuto in troppi casi cambiar nome e confondersi con noi, così potranno, ancor più facilmente e senza neppure il bisogno di pratiche dispendiose e laboriose, fingere un mutamento di spirito e dirsi più italiani di noi, e simulare di esserlo, e riuscire a passare per tali. Non c’è che un attestato col quale si possa imporre l’altolà al meticciato e all’ebraismo: l’attestato del sangue».

    Giorgio Almirante, «La Difesa della razza», 5 maggio 1942

  • ugo qualunque 15 Giugno 2018

    Fu o non fu redattore per “La difesa della razza”? E facciamo finta che non sia mai stato razzista, anche se il pieno appoggio al fascismo e la partecipazione alla RSI farebbero pensare il contrario: di quali “idee” e di quale “progetto” andate parlando? Dei contatti con la P2? Dei costanti plausi ai golpisti? Siete la feccia di questo paese.