“Bye-bye, querida”: Dilma sconfitta dalla corruzione e dagli sperperi
La Corte suprema brasiliana ha respinto il ricorso presentato ieri dall’avvocatura generale dello Stato contro il procedimento di impeachment della presidente Dilma Rousseff. Lo ha annunciato il giudice Teori Zavascki, che ha esaminato il ricorso. Cadono così le speranze residue del governo di bloccare la votazione in corso al Senato per la sospensione di Dilma, prima donna eletta capo di stato del Brasile. Il futuro politico di Dilma Rousseff è ora nelle mani degli 81 senatori che stanno votando per la sua sospensione dalla presidenza brasiliana, dopo che la Camera ha già approvato a larghissima maggioranza l‘impeachment. Il D-day, il giorno più lungo di Dilma, è cominciato alle 9 del mattino (le 14 in Italia) nella sala circolare del senato federale di Brasilia, gioiello dell’architettura moderna brasiliana progettato da Oscar Niemeyer, e si concluderà presumibilmente a notte fonda. A meno di nuovi colpi di scena, dopo il clamoroso annullamento di lunedì scorso del voto della Camera per vizi procedurali, seguito dall’altrettanto clamorosa marcia indietro da parte del presidente ad interim della Camera, Waldir Maranhao. Dilma ha rinunciato questa mattina al consueto giro in bicicletta ed è stata fotografata mentre passeggiava da sola, in maglietta e cappellino, nel giardino dell’Alvorada, guardata a vista discretamente da due soli uomini della sicurezza. Conscia dell’imminente uscita di scena, la presidente ha preferito isolarsi. In attesa dell’arrivo da San Paolo dell’amico e mentore Lula, che l’ha difesa finchè ha potuto. Il presidente del senato, Renan Calheiros, aprendo i lavori, ha detto che ‘un procedimento di impeachment è sempre traumatico e ha annunciato che non voterà.
Il giorno più lungo della marxista Dilma Rousseff
Per decretare la sospensione della prima presidente donna del Brasile basterà la maggioranza semplice dei voti: 41 su 81. Se vinceranno i “sì”, Rousseff sarà sospesa dalle funzioni e il vice presidente Michel Temer assumerà l’interim, con pieni poteri. La presidente avrà poi fino a sei mesi di tempo per difendersi dalle accuse davanti alla Corte suprema e per la sua destituzione il Senato dovrà votare nuovamente, a maggioranza dei due terzi. Se invece vinceranno i “no”, il procedimento sarà archiviato e Rousseff rimarrà in carica fino alla fine del 2018. Quello di oggi, come quello del 17 aprile scorso alla Camera, è un voto essenzialmente politico sull’operato della presidente di sinistra, accusata dalle opposizioni di non aver saputo fronteggiare la grave crisi economica, di aver sperperato risorse pubbliche per programmi sociali e di aver gettato discredito sulle istituzioni denunciando all’estero un presunto golpe ordito dall’elite finanziaria del Paese. Ad incrinare l’immagine dell’ex guerrigliera marxista di origine bulgara anche gli scandali di corruzione che hanno decapitato i vertici del suo Partito dei lavoratori e hanno coinvolto direttamente anche l’ex presidente Lula. Uno scenario che ha convinto gli alleati centristi a voltarle le spalle e a stringere accordi con la destra per dare vita ad un nuovo governo senza passare dalle urne. Temer ha già pronta la squadra di governo ma rischia anch’egli l’impeachment per aver avallato alcuni decreti all’origine delle accuse contro Dilma. Lo staff di Temer minimizza e fa sapere che il vicepresidente sta già lavorando al discorso d’insediamento con il quale vuole infondere speranza alla popolazione.