Giangrande ricorda l’agguato: «Perdonare Preiti? Assolutamente no»

27 Mag 2016 18:51 - di Carlo Marini

«Assolutamente no». Così il maresciallo dei carabinieri Giuseppe Giangrande, ai giornalisti che gli chiedevano se avesse perdonato Luigi Preiti, l’uomo che lo ha ferito il 28 aprile 2013 davanti a Palazzo Chigi. Giangrande ha partecipato insieme alla figlia Martina alla presentazione del libro Il prezzo della fedeltà. Storia di Giuseppe Giangrande, scritto dal colonnello Roberto Riccardi, presentato nel Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio a Firenze. Accanto al maresciallo sua figlia Martina: «Lei è importantissima per me – ha detto – non ci sono parole, è il mio punto di riferimento fondamentale». «Questo libro è una bella cosa – ha detto Giangrande rispondendo ai cronisti – perché rappresenta il sacrificio che ogni carabiniere compie durante la sua lunga permanenza nell’Arma». A chi gli chiedeva del suo lento recupero dopo il ferimento, Giangrande ha risposto che «si combatte piano piano, giorno per giorno, per arrivare alla battaglia finale che speriamo arrivi presto, per recuperare in parte la funzionalità degli arti superiori».

Giangrande alla presentazione del libro sulla sua vita

Il volume, con la prefazione del comandante generale dell’Arma dei Carabinieri Tullio Del Sette, vuole rendere omaggio alla figura del maresciallo «ripercorrendo la dura sfida della vita quotidiana a partire dal tragico attentato del 28 aprile 2013 davanti a Palazzo Chigi», nel quale fu gravemente colpito, tanto da rimanere invalido per le ferite. Il carabiniere, che da anni vive a Prato con la figlia Martina, rimase ferito il 28 aprile 2013 davanti a palazzo Chigi, quando Luigi Preiti aprì il fuoco contro di lui nel giorno del giuramento del governo di Enrico Letta. Il suo assalitore, che sparò a lui e ad altri tre uomini delle forze dell’ordine, è stato condannato in via definitiva a 16 anni di reclusione. Preiti, operaio calabrese in difficoltà economiche, aveva puntualmente pianificato il suo clamoroso e tragico gesto. Preiti, nelle prime battute dell’inchiesta, aveva dichiarato di voler sparare ai politici. Ma a fare da bersaglio alla sua furia quattro carabinieri: Giangrande fu il ferito più grave e solo la professionalità e il sangue freddo degli uomini dell’Arma evitò che vi fossero altre vittime.

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