Legnini alle toghe: c’è un divieto preciso, non potete fare politica

8 Mag 2016 13:00 - di Paolo Lami

C’è un divieto preciso. Ma spesso i magistrati lo dimenticano. Giovanni Legnini, vicepresidente del Csm, ricorda agli smemorati in toga quella che è una norma più che chiara e ineludibile: un magistrato non può e non deve partecipare attivamente alle campagne politiche, su questo “c’è un divieto” espresso. Interpellato nel corso dell’Intervista di Maria Latella, sulla partecipazione di magistrati alla campagna sul referendum costituzionale,l’ex-deputato dei Ds, già sottosegretario dei governi Letta e Renzi scende in campo nella partita che sta contrapponendo governo e partito democratico da una parte e magistratura dall’altro. Tira una brutta aria. La sensazione dei Dem è di essere accerchiati. Qualcuno si spinge anche più in là e fiuta provvedimenti pesanti in arrivo. Troppi i segnali, anche per i più distratti. C’è l’inchiesta Tempa Rossa che ha colto in contropiede il governo Renzi e il Pd. Ci sono le parole di Davigo e quelle di Piergiorgio Morosini. Ci sono gli arresti dei Dem  che scandiscono dolorosamente con precisione svizzera le giornate politico-giudiziarie del Nazareno. Il giustizialismo di un tempo, esercitato con implacabile ferocia verso Silvio Berlusconi, si è trasformato in un cauto e speranzoso garantismo. Tutto per disinnescare la polemica che aleggia. Di qui il passo istituzionale di Legnini per mettere un argine, un punto fermo nella contrapposizione fra poteri. Nella speranza che si faccia ancora in tempo. E’ un appello alla responsabilità della magistratura. Un po’ carota e un po’ bastone.
“Non c’e’ bisogno di clima infuocato di reciproche accuse che rischia collocare in secondo piano il lavoro in corso per giustizia efficiente – dice, conciliante, Legnini alle toghe – Una democrazia è forte se tutti i poteri sono forti e si rispettano”.
Quanto a Morosini, il consigliere del Csm che avrebbe attaccato frontalmente Renzi in un’intervista, poi smentita, a Il Foglio, Legnini dice: “se fossero stati effettivamente espressi i giudizi del consigliere del Csm Piergiorgio Morosini riportati dal Foglio su alcuni magistrati, sulle riforme, sull’attività del Csm ,sarebbero “inaccettabili e dannosi”. Ma non si sbilancia e fa appello al suo ruolo istituzionale sull’eventualità che il Pg della Cassazione o il ministro della Giustizia assumano iniziative disciplinari: “presiedendo per legge la Sezione disciplinare mi devo astenere da valutazioni di merito”.

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