Libia, l’Italia ci ripensa: no ai soldati, meglio addestrare le loro truppe…
Altro che stabilizzazione, la Libia è nel caos più totale, e l’Italia, su ordine degli Stati Uniti, si ostina a sostenere un governo fragile che controlla in Libia sì e no un fazzoletto di territorio. Talmente fragile che è stato costretto a proclamare la sua costituzione addirittura all’estero. Comunque, si va avanti così, contro ogni logica: ««È imperativo che la comunità internazionale sostenga il governo Sarraj, che è l’unico legittimo della Libia e ora deve iniziare a lavorare», ha infatti detto il segretario di Stato Usa John Kerry, in conferenza stampa congiunta col nostro ministro degli Esteri Paolo Gentiloni e il premier libico Fayez al Sarraj. L’Italia ubbidisce: «Siamo pronti ad addestrare ed equipaggiare le forze militari libiche come ci chiede il governo Sarraj», ha detto il ministro Gentiloni. «Il governo libico non chiede boots on the ground (militari sul terreno) ma sostegno nelle varie dimensioni della sicurezza. E queste richieste sottolineano che è la Libia che gestisce il percorso per la sua sicurezza e stabilizzazione. Non ci sarà quindi intervento straniero», ha aggiunto Gentiloni. Insomma, niente boots on the ground. Non vuole truppe di terra occidentali contro l‘Isis il nuovo premier libico Fayez al-Sarraj che in un intervento sul Daily Telegraph chiede invece alla comunità internazionale di addestrare le truppe di Tripoli e di porre fine all’embargo sulle armi per il Paese nordafricano. E ancora precisa: «I terroristi saranno sconfitti dalle nostre forze armate e non da milizie rivali». Auguri.
La Libia frattanto precipita sempre più nel caos
Ma è sempre una questione di soldi, alla fine: nella bozza di documento finale della conferenza sulla Libia a Vienna, viene ufficializzata la disponibilità dei Paesi partecipanti a favorire un percorso di alleggerimento di un embargo sulle armi al governo di al Sarraj. Si attende la ratifica finale al documento da parte dei Paesi partecipanti. Il governo potrà comprare armi, ricevendo però i fondi dall’Occidente, e imporre la sua presenza agli altri vari governi locali. Intanto prosegue la guerra civile in Libia: duri scontri tra esercito e terroristi al centro di Bengasi, lungo il cosiddetto Asse Saberi, un’importante arteria centrale, nella quale l’esercito ha utilizzato aerei per bombardare le basi nemiche. Ne dà notizia Libya’s Channel, al quale il comandante del battaglione di artiglieria 309, Farahat El Baraaci ha detto che i reparti procedono molto lentamente a causa della presenza di cecchini e di cariche esplosive e mine deposte sulla strada per fermare l’esercito. Fonti libiche riferiscono inoltre che un poliziotto è stato ucciso davanti ad una stazione di polizia nel quartiere Al-Andalouss, al centro di Tripoli. A sparare contro la stazione, secondo un comunicato della prefettura di polizia di Tripoli, sarebbe stato un gruppo di fuorilegge, poi allontanatosi di corsa. Una confusione totale: «Sono mesi che il Governo italiano fa annunci sull’invio di militari italiani in Libia salvo poi ripensarci ogni volta e fare dietrofront. Questo atteggiamento ondivago non giova certamente alla credibilità del nostro Paese in campo internazionale. Se il Governo non sa che fare, sarebbe opportuno che almeno non si lasciasse andare a dichiarazioni estemporanee», ha detto da parte sua la responsabile comunicazione di Forza Italia, Deborah Bergamini. Che però dovrebbe chiedere a Gentiloni e Pinotti quante e quali truppe italiane siano in questo momento sul territorio e nei mari libici.