Referendum, sconfitto il “falco” Davigo: l’Anm non si schiera più
L’Associazione nazionale dei magistrati di Piercamillo Davigo non si schiera sul referendum confermativo delle riforme costituzionali, ma potranno farlo i singoli magistrati. Questa è la sintesi cui è pervenuto il Comitato direttivo centrale dell’Anm. Ma leggiamo la nota diramata al seguito della riunione: «L’Associazione nazionale magistrati ritiene di non intervenire nel merito della tematica relativa al referendum costituzionale», ma «sull’imprescindibile ed ovvio presupposto che la Costituzione sia di tutti i cittadini rivendica il pieno diritto dei magistrati a partecipare al dibattito sul referendum, nelle forme da ciascuno ritenute opportune e compatibili con il codice etico».
Ma i singoli magistrati potranno farlo
Insomma, ci schieriamo senza dirlo o lo diciamo senza schierarci. Un’acrobazia degna del miglior politichese della Prima Repubblica, quello a base di “convergenze parallele”ed “equilibri più avanzati”. Ma forse, a guardar bene, l’Anm guidata da Davigo non aveva grandi alternative. Troppi contrasti si sono accavallati nelle ultime settimane, molti delle quali innescati proprio da esponenti togati, perché tutto finisse nel dimenticatoio. Lo stesso Davigo, in un’intervista al Corriere della Sera aveva riattivato il fuoco della polemica parlando di «politici che continuano a rubare» mentre il suo collega Piergiorgio Morosini, ora in forze al Csm per Magistratura democratica si era lasciato intrappolare in una conversazione-intervista sul referendum d’ottobre pubblicata dal Foglio sotto il titolo: «Referendum, ecco perché fermare Renzi».
La polemica innescata da Davigo censurata anche da molte toghe
Per riportare tutti alla calma c’è voluto l’intervento di Giovanni Legnini, vicepresidente a Palazzo dei Marescialli, che si è mantenuto in strettissimo contatto con il presidente Mattarella, che del Csm è il capo. E probabilmente si deve solo alla forza della moral suasion esercitata dal Quirinale se la polemica innescata dalle sortite di Davigo e Morosini non sono tracimate fino a investire i più alti livelli istituzionali. È tuttavia evidente che la nota diffusa dall’Anm è rivelatrice di un compromesso raggiunto tra chi voleva un pronunciamento diretto delle toghe e chi, invece, non ha fatto mistero di puntare sul recupero di una tradizione di riserbo e di sobrietà rispetto alla contesa politica che meglio si attaglia al ruolo e al prestigio della magistratura. Il problema è capire se tale equilibrio reggerà alla prova dei fatti. E del tempo.