«Si vota in un giorno», «No, in 2»: per Renzi una scelta dettata dal panico
Prima sì, poi no, poi nì, poi di nuovo sì. Urne aperte di domenica. No, meglio di domenica e lunedì. Qui le cose si mettono male, hanno ragionato a Palazzo Chigi. Meglio correre ai ripari. Ma è una scelta dettata dal panico e dai sondaggi, non certo dalla volontà di far esprimere a tutti il voto alle comunali e al referendum. «Giudichiamo positivamente, lo avevamo chiesto per primi e in tempi non sospetti, la possibilità di votare in due giorni tanto alle elezioni amministrative di giungo quanto al referendum costituzionale del prossimo ottobre». Lo scrive su Facebook Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati. «Peccato che questa incredibile retromarcia di Matteo Renzi sia del tutto strumentale e non sia fatta dal presidente del Consiglio per favorire la democrazia o la partecipazione, ma con il solo scopo, secondo lui, di portare acqua al suo mulino. Il premier ha paura, e crede che votando in due giorni, con una probabile diminuzione dell’astensionismo, il “sì” possa essere favorito. Si sbaglia di grosso».
Brunetta: «Renzi teme di andare a casa»
«Per di più Renzi – aggiunge Brunetta – dal ruolo istituzionale che ricopre e che gli dovrebbe imporre maggior equilibrio, tifa partecipazione o astensione in base al tornaconto personale suo e dello sgangherato governo che pro tempore guida. In occasione del referendum sulle trivelle si guardò bene, nonostante gli innumerevoli appelli, a concedere il voto anche nella giornata del lunedì, concorrendo così al non raggiungimento del quorum, decisivo per una consultazione abrogativa. Adesso, in vista del referendum costituzionale di ottobre, cambia completamente atteggiamento e, smentendo se stesso, propone, insieme al suo ministro dell’Interno, Alfano, il voto in due giorni. Renzi ha paura di perdere, ha paura di essere bocciato dagli italiani, ha paura di andare a casa. Ma i suoi trucchetti non riusciranno a cambiare il corso della storia. Tutti i sondaggi ormai danno il “no” saldamente in vantaggio. Il trend è completamente cambiato rispetto a qualche mese addietro. L’ultima rilevazione fatta la scorsa settimana da Ixè, istituto diretto da Roberto Weber, ci dice che ad oggi vincerebbe il “no” conquistando il 54%, contro il 46% dei “sì”», conclude Brunetta.