Yara, parola alla Difesa: «Bossetti non è l’assassino». Ecco perché

27 Mag 2016 16:06 - di Giulia Melodia

A Bergamo è stato il giorno della Difesa di Massimo Bossetti. Solo pochi giorni fa, nella sua requisitoria il pm Letizia Ruggeri ha chiesto l’ergastolo con isolamento diurno per sei mesi. Oggi, allora, gli avvocati in campo per sostenere l’innocenza del loro assistito, unico imputato alla sbarra, hanno puntato tutto sull’inattedniblità della prova biologica, quella che – di contro – per l’accusa rappresenterebbe pla prova regina dell’intricato giallo del delitto Gambirasio. E allora, riassunte in rapide ed esaustivi punti, le tappe princiòali della giornata processuale.

Delitto Yara, parola alla Difesa di Bossetti. Ecco i momenti salienti dell’arringa

1) Arriva tra i primi in udienza Marita Comi, moglie di Massimo Bossetti, unico imputato per l’omicidio di Yara Gambirasio. E non passa di certo inosservata: la donna, che ha voluto essere in aula per assistere all’intervento dei difensori del marito, è giunta in tribunale a Bergamo a bordo di una Porsche Panamera, color rame, e con targa del Principato di Monaco, guidata da un’altra persona. Grande assente, invece, la madre dell’imputato, Ester Arzuffi, impossibilitata a presenziare – come ha speigato il suo avvocato Benedetto Maria Bonomo – a causa di un’indisposizione.

2) La parola passa subito alla Difesa di Bossetti: e il primo pensiero va alla vittima. «Alla vittima di un delitto efferato, terribile», e alla sua famiglia. Queste le prime parole pronunciate dai legali di Massimo Bossetti; «la necessaria premessa», spiega l’avvocato Claudio Salvagni che ha cercato ad ogni passaggio del suo intervento di evitare una condanna all’ergastolo, chiesta dal pm Letizia Ruggeri per il muratore di Mapello. «Prima ancora che da avvocati, ci siamo convinti da padri che la persona che andavamo a difendere non è un assassino», ha detto il legale. Di più: Salvagni ha parlato di un «delitto che ha iniettato veleno nei muscoli di Bergamo», e che «ci ha tutti sconvolti».

3) E dopo il dovuto tributo alla memoria della piccola vittima e in rispetto del dolore della sua famiglia, l’arringa della Difesa entra nel vivo e nel corso delle sue argomentazioni parte – e punta molto – sull’inattendibilità della prova biologica. A tal fine, uno dei difensori di Massimo Bossetti, Claudio Salvagni, ha sottolineato che, riguardo gli accertamenti sul Dna, «questa difesa non ha mai potuto interloquire», dunque,  «sul lavoro fatto da altri non può esserci chiesto un atto di fede». Poi il monito provocatorio: «Non avete giurato su un libro di biologia ma sulla Costituzione», ha detto ai giudici Salvagni, invitandoli a essere rigorosi nella valutazione della prova.

4) L’attacco a investigatori e stampa. E non si è limitato ad attaccare l’impianto accusatorio sostenuto soprattutto dalla prova biologica che per la Procura avrebbe portato all’individuazione di Ignoto 1, la Difesa di Bossetti, che sempre nella figura di Claudio Salvagni, ha duramente attaccato la conduzione delle indagini e la stampa, a sua detta «appiattita» sulle tesi dell’accusa.

5) Claudio Salvagni, poi, non ha avuto timore a usare la parola «tortura» in relazione alla vicenda giudiziaria del muratore di Mapello, elencando a sostegno della sua “teoria” quelli che, a suo avviso, sarebbero veri e propri «colpi bassi» sferrati da parte di investigatori e inquirenti: tra questi, l’acquisizione delle lettere tra Bossetti e la detenuta Gina e quel video, che ritrae un furgone, per l’accusa del muratore, che fu diffuso alla stampa: «Si è trattato di un video confezionato come un pacchetto dono, per tranquillizzare la gente, per avere il mostro, il pedofilo, il mentitore seriale». Poi, la stoccata finale: «assurdo» tratteggiare Massimo Bossetti come un sexual offender perché «la sua vita è stata passata al setaccio e non è stato trovato nulla».

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