Le aziende pagano il pizzo all’Isis per poter lavorare nelle zone “calde”?

21 Giu 2016 15:33 - di Giovanni Trotta

Scoppia in Francia un caso che probabilmente è solo la punta dell’iceberg, e che riguarda tutte le grandi imprese europee: il gruppo francese Lafarge, uno dei più importanti produttori mondiali di cemento, avrebbe concluso accordi con i jihadisti dello Stato islamico (Isis) per fare in modo che il suo cementificio di Jalabiya, in Siria, potesse continuare a lavorare nonostante la guerra: è quanto rivelato da un’inchiesta pubblicata in prima pagina dal quotidiano Le Monde. In particolare, precisa il grande giornale parigino, tra il 2013 e il 2014, Lafarge avrebbe accettato di sottoporsi alla tassazione dell’Isis. Inaugurato nel 2010, il cementificio di Jalabiya, nel nord-est della Siria, è il principale stabilimento produttivo di Lafarge in Medio Oriente. L’anno successivo, nel 2011, scoppia la guerra civile. Presi di contropiede i francesi cercano comunque di farlo funzionare il più a lungo possibile ma la situazione diventa sempre più insicura ed instabile.

Lo rivela Le Monde, ma il pizzo è pratica diffusa

A partire dal 2013, la presenza dell’Isis nella regione costringe l’azienda a negoziare i diritti di passaggio dei suoi camion ai checkpoint dei jihadisti e ad acquistare il carburante da alcuni di loro. Insomma, per oltre un anno, Lafarge «finanzia indirettamente l’organizzazione jihadista», scrive Le Monde. Almeno fino al 19 settembre 2014, quando l’Isis sequestra il sito costringendo i francesi a cessare le loro attività. Per ben due volte, un intermediario propone loro di rilanciare il cementificio sotto protezione dell’Isis in cambio di una condivisione degli introiti. Senza successo. Il sito verrà liberato nel febbraio 2015 dalle milizie curde con il sostegno della coalizione internazionale. Oggi a Jalabiya sono presenti le forze speciali occidentali, francesi, britanniche e americane. Le Monde si è concentrato su quest’azienda ma è probabilissimo, se non certo, che tutte le grandi aziende che lavorano nei teatri di guerra paghino una sorta di “protezione” ai terroristi islamici per poter essere lascite in pace.

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