Brexit, l’incubo di Merkel e Hollande. Che intanto preparano il “piano b”

1 Giu 2016 7:53 - di Redazione

Ne hanno di nuovo parlato a Verdun, motivati dall’immanenza di un genius loci, che cento anni dopo la madre di tutte le battaglie è sempre pronto a ricordare e ammonire. Non era solo gravitas di circostanza, quella ostentata da Angela Merkel e François Hollande mentre reggevano insieme una fiaccola nell’ossario di Douaumont, dove i resti di 300 mila soldati danno ancora senso alla celebre frase di Helmut Kohl: «L’Europa resta una questione di pace e di guerra», ricorda “Il Corriere della Sera“.

Merkel e Hollande serrano i ranghi dell’Europa e ripartono dalla sicurezza

I leader di Germania e Francia sono inquieti. L’approssimarsi del 23 giugno, quando i sudditi di Sua Maestà britannica decideranno se il Regno unito rimarrà o meno nell’Unione europea, spinge il binomio franco-tedesco a ritro vare la forza di agire, indicare nuovamente la strada, forgiando una risposta comune a una prospettiva di potenziale disgregazione. Parigi e Berlino sembrano convinte di dover riprendere l’iniziativa in ogni caso, anche nell’ipotesi augurabile che gli inglesi dicano no alla Brexit. Una riflessione è già in atto. E l’ulteriore buona notizia è che, per una volta, l’Italia partecipa in modo non accessorio. Un’indicazione per tutte: è molto probabile che già il 24 giugno, cioè all’indomani del referendum britannico, i sei Paesi fondatori (Germania, Francia, Italia, Olanda, Belgio e Lussemburgo) si ritrovino a Berlino. Sarebbe il terzo appuntamento in sei mesi per il formato inaugurato in febbraio a Roma da Paolo Gentiloni. Ma soprattutto sarebbe la prima occasione per poter ragionare sul futuro, alla luce del risultato londinese.

L’UE andrebbe avanti anche in caso di uscita di Londra

Non è ancora qualcosa messa nero su bianco in un documento sia pure ufficioso. Merkel e Hollande avevano già parlato del rilancio in febbraio, a cena a Strasburgo. «Una volta girata la boa del referendum inglese, quale che ne sia l’esito, avremo non più di sei mesi per lanciare delle iniziative, prima di entrare nel vortice delle campagne elettorali del 2017 in Francia e Germania», spiega un diplomatico europeo. E in meno di un semestre non si può certo immaginare l’apertura di grandi cantieri sull’economia, per l’ulteriore integrazione della zona euro, che comporterebbero modifiche ai Trattati. La pressione dei migranti e la minaccia del terrorismo invece possono essere la molla che spinge in avanti progetti come la creazione di una guardia di frontiera europea o una collaborazione più stretta fra le intelligence, capaci di coagulare consenso. Come recitava il comunicato finale del primo incontro dei sei Paesi fondatori a Roma, «una migliore gestione delle frontiere esteme è essenziale per renderle più sicure».

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