Trovate in casa le prove dell’assalto ma il giudice scarcera il No Tav
Durante una perquisizione nella sua casa gli investigatori che indagavano sulle gravi violenze dei No Tav nei cantieri avevano trovato proprio gli indumenti utilizzati nell’assalto alle recinzioni del cantiere di Chiomonte. Ma il giudice, dopo la convalida dell’arresto, ha ugualmente scarcerato Vincenzo Pellicanò uno degli 11 No Tav finiti in carcere martedì scorso nell’ambito dell’inchiesta sull’assalto al cantiere di Chiomonte del giugno 2015. Nei confronti di Pellicanò che fa parte del Collettivo Universitario Autonomo di Torino che si definiscono “Banditi in Università” e che sul loro blog sfoggiano il classico simbolo anarchico con la freccia rivolta verso l’alto, il gip del Tribunale di Torino non ha adottato ulteriori misure cautelari. Sul blog del Cua i magistrati che seguono le inchieste No Tav vengono pesantemente dileggiati e insultati. Così tocca, per esempio, al pm Rinaudo definito, senza mezzi termini, mercenario.
«Adesso è il momento di riflettere sulla decisione di applicare misure così restrittive», esulta la consigliera regionale del Movimento 5 Stelle Francesca Frediani, esprimendo «grande sollievo» per la notizia.
Il movimento No Tav, intanto, ribadisce in una nota «il pieno appoggio a tutte le persone colpite» dalle misure restrittive «sostenendo i percorsi che si aprono e che si apriranno, qualunque essi siano. E’ un’occasione per ribaltare il modus operandi di una Procura politicizzata esplicitamente contro i No Tav».
Nell’ambito dell’indagine, un attivista No Tav si è sottratto ai domiciliari ed è ora ricercato. Un altro, pur essendo ai domiciliari, martedì scorso è uscito di casa per partecipare ad una assemblea No Tav, mentre Nicoletta Dosio, storica leader del movimento che si oppone alla nuova linea ferroviaria ad Alta Velocità, si sta rifiutando di assolvere l’obbligo di firma a cui è stata sottoposta