
15 anni fa l’ultimo volo di Ennio Tarantola, eroico pilota della Rsi
Home livello 2 - di Antonio Pannullo - 30 Luglio 2016 - AGGIORNATO 31 Luglio 2016 alle 08:05
Quindici anni fa moriva a Cesenatico uno dei più grandi assi della storia dell’aviazione italiana: Ennio Tarantola, classe 1915. Tarantola, comasco di nascita, già volontario nella guerra di Spagna, aderì nel 1944 alla Repubblica Sociale Italiana, ed è stato uno dei pochi piloti dell’Anr a non subire epurazioni per la sua scelta: rientrò dopo la guerra nell’Aeronautica militare italiana e addirittura nella prestigiosa Pattuglia acrobatica, come solista, dove rimase fino al congedo, avvenuto nel 1960. Per tutta la vita fu noto con il soprannome di “Banana“, perché a quanto pare da ragazzo vendeva questi frutti su un carrettino. Ma la sua vera e prima passione era il volo, tanto che a soli 17 anni consegue il brevetto presso una scuola per alianti. L’anno successivo, compiuta ormai la sua scelta, si arruola nell’Aviazione e frequenta la scuola militare di volo di Milano Malpensa. Divenne sergente pilota e fu assegnato al 6° Stormo con base a Campoformido. Allo scoppio della guerra civile spagnola, benché fosse alle prime armi, si arruolò volontario nell’Aviazione Legionaria Italiana nella squadriglia Cucaracha e per autoironia scrisse “pivello” sulla coda del suo caccia Fiat C.R. 32. Ma il pivello nel 1938 abbatté il suo primo nemico , un aereo sovietico dell’avizione repubblicana spagnola. In terra spagnola contribuisce alla liberazione del Paese e torna in Italia con due medaglie d’argento al valor militare e una Croce al merito militare conferitagli dalla Spagna. Quando iniziò la Seconda Guerra Mondiale, fu mandato il Sardegna agli ordini del capitano Giuseppe Cenni, che verrà abbattuto in Calabria dagli Spitfire inglesi a pochi giorni dall’armistizio dell’8 settembre 1943. Trantola per alcuni mesi volò sulla versione italiana dei celebri Stukas, lo Junkers Ju 87, che gli italiani avevano soprannominato Picchiatello, nella 239ª Squadriglia, 97º Gruppo Bombardamento a Tuffo. In quei mesi affonda un cacciatorpediniere australiano ma in seguito viene abbattuto. Si salva su un barchino di salvataggio e viene poi recuperato da un nostro idorvolante Catt Z501 Gabbiano.
Tarantola scortò anche Mussolini in Nordafrica
Successivamente viene assegnato alla 151ma Squadriglia 20° Gruppo del capitano Furio Niclot Doglio, in Libia. Quest’ultimo, medaglia d’oro alla memoria, fu abbattuto nei cieli di Malta nel luglio del 1942, proprio mentre volava con Tarantola e col sottotenente Spadaro. Inutilmente Tarantola gli segnalò l’arrivo degli Spitfire battendo le ali: Niclot fu centrato dai cannoncini nemici mentre cabrava. Quando l’aeroporto di Sidi Rezegh fu bombardato dai bombardieri inglesi, che distrussero al suolo ben 50 velivoli, Tarantola riuscì a salvare il proprio Fiat G.50 decollando sotto il fuoco nemico. Nel 1942 il 20° gruppo venne equipaggiato coi Macchi C202 Folgore: su quello di Tarantola c’era la vistosa scritta “Dai, Banana”. Il 29 maggio del 1942 Tarantola scortà cinque Savoia Marchetti che trasportavano Benito Mussolini in visita al fronte Nordafricano. Nei mesi successivi, sempre in coppia con Niclot Doglio, Tarantola viene inviato a Malta, dove consegue numerose vittorie. Fino al 27 luglio, quando gli inglesi riuscrirono ad abbattere Doglio e Gelli su Malta, mentre Tarantola rimase ferito a un braccio. Il 14 ottobre mentre scortava alcuni caccia bombardieri sull’aeroporto di Hal Far, fu interìcettato e il suo aereo seriamente colpito, tanto che si dovette gettare col paracadute in prissimità delle coste siciliane, riportando ustioni alle gambe. L’anno successivo, equipaggiato con uno dei nuovo Macchi C.205 abbatteva altri aerei nemici. Dopo l’8 settembre, prostrato psicologicamente e fisicamente, abbandonò il reparto e tornò a casa. Ma durò poco: all’inizio del 1944 decise di arruolarsi nell’Aeronautica Nazionale Repubblicana, nella Rsi, venendo assegnato alla Squadriglia complementare d’allarme Montefusco-Bonet, di stanza a Venaria Reale, nel Torinese, con i Fiat G.55, deciso a contrastare la supremazia anglo.americana nei cieli italiani. Ma nell’aprile del 1944, mentre tentava di contrastare un pesante attacco alleato all’Aeritalia di Torino, venne abbattuto rimanendo ferito seriamente. Così finì la guerra per lui. che aveva abbattuto oltre dieci aerei, conseguito numerose onorificenze (quattro medaglie d’argento, due di bronzo, cinque croci di guerra, più onorificnze spagnole e tedesche) e ben due promozioni per meriti di guerra. Nel 1995 era stato promosso al grado di capitano del Ruolo d’Onore.