L’Europa piena di potenziali foreign fighters. E in Italia? Due espulsioni…
Prosegue l’emergenza terrorismo islamico in tutta Europa: in Gran Bretagna si contano almeno duemila sospetti terroristi, stando alle stime, ma solo uno di loro è sottoposto dalle autorità a una stretta sorveglianza. È quanto rivelano alcuni tabloid del Regno Unito, secondo cui le cosiddette ‘Terrorism Prevention and Investigation Measures”, misure che restringono l’attività quotidiana di fanatici e integralisti, vengono imposte solo in pochi casi dai giudici. Sono state introdotte nel gennaio 2012 per sostituire altre ordinanze meno restrittive ma il loro utilizzo è stato fino ad ora limitatissimo, denuncia il Daily Mail, e questo lascia aperte una serie di incognite in un periodo di continui attacchi terroristici in Francia e Germania. I T-Pims comprendono l’obbligo di indossare il braccialetto elettronico, il divieto di andare in certi luoghi pubblici e l’impegno a comunicare i propri spostamenti alla polizia. Invece i servizi segreti russi (Fsb) tengono sotto controllo oltre 220 potenziali attentatori suicidi in Russia: lo ha dichiarato il capo dell’Fsb, Aleksandr Bortnikov, citato dalla tv filo-Cremlino Russia Today. E in Italia? «Nelle ultime ore abbiamo provveduto ad altre due espulsioni” per motivi di sicurezza. Lo ha detto il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, durante una conferenza stampa a Roma, precisando che in merito riferirà in Senato nelle prossime ore. E ha aggiunto: «Noi abbiamo un elenco che non è fisso degli obiettivi sensibili: durante questi anni di mia presenza al Viminale più volte ho invitato i prefetti a rivalutare gli obiettivi sensibili del loro territorio perché un obiettivo non è stabilmente in una condizione di rischio. Ho chiesto, e ottenuto, dai prefetti una rivalutazione dei profili di rischio dei singoli obiettivi per singoli territori». «La nostra strategia – ha spiegato Alfano – prevede una sicurezza e un controllo dei siti e degli obiettivi a rischio, che vengono individuati sulla base delle valutazioni dei nostri organismi tecnici, territorio per territorio».
Europol lancia l’allarme per l’Europa
Europol intanto rinnova il suo allarme per centinaia di foreign fighters, potenziali terroristi rientrati in Europa dai campi di combattimento dell’Isis in Siria e Iraq, mentre con l’attacco alla chiesa di Rouen, in Normandia, si allunga la scia di sangue degli attacchi del Califfato, sempre più impegnato ad esportare la sua atroce violenza nel Vecchio Continente. Dei circa 5mila jihadisti partiti negli ultimi anni dai Paesi dell’Unione per raggiungere lo Stato islamico, tra 1.500 e 1.800 sono tornati a casa, «molti di loro non hanno voglia né capacità di compiere attentati», spiegano i funzionari dell’agenzia Ue, ma molti altri sono vere e proprie bombe a orologeria. Secondo le stime citate in un rapporto di Europol, alla fine del 2015, erano oltre cinquemila gli europei partiti per Siria e Iraq, circa tre quarti del totale da Belgio, Francia, Germania e Gran Bretagna. Un fenomeno che ha colpito persino la Svizzera, che negli ultimi anni ha registrato 77 partenze per la guerra santa, mentre l’Italia una novantina. Un terzo di questi 5mila combattenti è tornato, e la tendenza è in aumento. I Paesi che registrano il maggior numero di rientri sono Germania, Olanda, Svezia e Gran Bretagna. L’esperienza acquisita negli addestramenti e combattimenti sul terreno ha reso i fighters armi letali, capaci di condurre attacchi, sia in modo coordinato, che indipendente, adattandosi con grande facilità ad ambienti diversi. Alcuni, durante la permanenza nei teatri di conflitto, sono stati sottoposti anche a speciali training psicologici che li ha resi immuni a paura e atrocità. Ma di fronte alla rapida evoluzione del fenomeno jihadista, ed i ripetuti appelli di Europol e del coordinatore antiterrorismo Gilles de Kerchove, l’Unione europea persevera in una colpevole lentezza. Ad esempio, la proposta di legge per armonizzare le norme in tutti gli Stati membri, presentata dalla Commissione europea a inizio dicembre, in cui si definisce il concetto di combattente straniero e si sancisce una punibilità senza frontiere dei fighters, è ancora in alto mare. E anche dei controlli sistematici alle frontiere esterne per tutti i cittadini, compresi quelli europei (visto che i fighters provengono dai Paesi Ue), già decisi, per ora non c’è nemmeno l’ombra.