Memoria/ Sessant’anni fa affondava l’Andrea Doria, la nave più bella del mondo

25 Lug 2016 16:48 - di Marco Valle

Un anniversario tondo, tondo. Sessant’anni  tra Nantucket e New York, affondava l’Andrea Doria, il simbolo della rinata Marina mercantile italiana e del ritrovato orgoglio nazionale. Entrato in linea il 14 gennaio 1953, il transatlantico era una ardita sintesi di estetica e lusso: fu la prima nave ad avere tre piscine e una delle prime con l’aria condizionata in tutti i locali. Poteva trasportare un totale di 1241 passeggeri: 218 in prima classe, 320 in classe cabina e 703 in classe turistica, su 11 ponti. L’equipaggio contava 572 persone, di cui 42 ufficiali.

Grazie a un investimento di oltre un milione di dollari dell’epoca e l’opera dei migliori architetti del tempo — Gio Ponti, Zoncada, Pulitzer Finali, Minoletti — lo spettacolo a bordo era superbo: gli interni erano impreziositi da opere d’arte realizzate appositamente (inclusa una statua dell’ammiraglio Doria a grandezza naturale). Una vera e propria pinacoteca galleggiante. A ragione, l’Andrea Doria era ritenuta la più bella nave del mondo.

Tutto si concluse in quel maledetto 25 luglio 1956, quando alle 23.10 la prua dello Stockholm, unità della Swedish America line, squarciò all’improvviso una fiancata del transatlantico.  Speronata, la grande nave si coricò su un fianco e — nonostante gli sforzi eroici del comandante Piero Calamai (non uno Schettino qualsiasi…) e dei suoi uomini —  affondò dopo un’agonia di 11 ore. Morirono 46 passeggeri dell’Andrea Doria e 5 della Stockholm. Fu l’ultimo grande liner a naufragare prima che l’aereo si imponesse come mezzo di trasporto per le lunghe traversate dell’Oceano Atlantico.

Non così la Stockholm che, varata nel 1946 e entrata in servizio nel 1948, a tutt’oggi è la più longeva nave passeggeri ancora in circolazione. Attualmente si chiama Astoria, ultimo di una lunga serie di nomi e di trasformazioni, ed è proprietà della compagnia britannica Cruise&maritime voyages: il 12 settembre toccherà l’Italia e ormeggerà a Trieste. L’assassino torna sempre sul luogo del delitto.

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