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Sicilia, assessore comunale coltivava canapa indiana. In manette

Sicilia, assessore comunale coltivava canapa indiana. In manette

Cronaca - di Redazione - 5 Luglio 2016 - AGGIORNATO 5 Luglio 2016 alle 17:05

Un assessore comunale con delega alla cura del verde pubblico e dell’agricoltura che aveva preso talmente a cuore l’incarico da improvvisarsi “coltivatore” sebbene di un prodotto assai particolare: canapa indiana, cioè droga. Di piante ne aveva seminato più di 300, alte circa due metri, che innaffiava e irrigavava insieme al fratello. Almeno fino a questa mattina, quando sono arrivati i carabinieri. È accaduto in un terreno privato ubicato nel tenimento di Cesarò, all’interno del parco regionale dei Nebrodi, in Sicilia.

L’assessore è Filippo Gusmano. Arrestato anche il fratello

Il protagonista di quest’ennesima, incredibile, vicenda si chiama Filippo Gusmano, 27enne assessore comunale di San Teodoro, piccolo centro della provincia di Messina. Come facevano con frequenza quasi quotidiana, anche questa mattina Gusmano e il fratello ventunenne si stavano dedicando alla loro piantagione, realizzata a ridosso di un torrente e mimetizzata nella fitta vegetazione circostante. Alla vista dei militi della Benemerita della stazione di Sant’Agata di Militello hanno tentato la fuga ma la zona era circondata e così, dopo un breve inseguimento, i due sono stati bloccati.

La piantagione nel parco dei Nebrodi, il cui presidente subì un attentato

L’operazione che ha portato in manette l’assessore e suo fratello è stata condotta anche con l’ausilio del nucleo elicotteri dello squadrone “Calabria” e rientra nella serie dei controlli straordinari in diverse zone impervie del comprensorio in seguito all’agguato nei confronti del presidente del Parco dei Nebrodi Giusepe Antoci compiuto il 18 maggio scorso. Come si ricorderà, Antoci, riuscì a salvarsi dal tentativo di uccisione solo grazie al fatto che viaggiava a bordo di una macchina blindata. Il presidente del Parco dei Nebrodi, infatti, era già da tempo sottoposto a tutela come conseguenza di una lunga serie di minacce subite in seguito ai protocolli di legalità messi in atto per evitare la concessione di ampie zone di pascoli alla mafia. Al momento dell’attentato Antoci tornava da Santo Stefano di Camastra dopo aver partecipato a una manifestazione. L’auto sulla quale viaggiva fu bloccata lungo i tornanti di montagna da alcune grosse pietre piazzate proporio nel mezzo della carreggiata per fermare il corteo.

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5 Luglio 2016 - AGGIORNATO 5 Luglio 2016 alle 17:05