Con i raid sulla Libia Obama tira la volata a Hillary Clinton per la Casa Bianca

1 Ago 2016 19:50 - di Antonio Pannullo

I raid anti-isis continueranno fino a che saranno richiesti dal governo di unità libico, che altrimenti sarebbe saltato: «’Non c”e una fine in questo momento», dice Peter Cook, il portavoce del Pentagono, sottolineando che al frequenza dei raid sarà coordinata con le «autorità» libiche. I raid americani contro l’Isis a Sirte chiesti e ottenuti dal premier libico Fayez al Sarraj lo aiutano a consolidare il potere nel Paese, ma anche la candidata democratica Hillary Clinton con la sconfitta dell’Isis in Libia favorita dai caccia Usa può portare acqua al suo mulino. È l’analisi di Mattia Toaldo, del European Council on Foreign Relations (Ecfr) in una intervista all’Ansa. «La richiesta di Tripoli a Washington per colpire con raid aerei l’Isis segna le difficoltà delle milizie di Misurata, che hanno subito nell’offensiva molte vittime, 350 miliziani uccisi e oltre 2.000 feriti. L’avanzata dentro Sirte è difficile, e una città da sola non può pagare questo prezzo di sangue», sottolinea Toaldo. L’Isis, inoltre, colpisce gli avversari con ordigni artigianali (Ied), autobomba e attentati suicidi: «Un tipo di battaglia suicida che causa ingenti danni. Certo, rispetto a questa tattica i raid aerei possono fare poco ma potrebbero aprire la strada a una nuova e decisiva avanzata».

I raid sulla Libia chiesti dal debole governo

E il fatto che l’intervento Usa sia stato governato da Sarraj, dà al premier “nuova linfa”, in particolare dopo le imponenti manifestazioni contro l’intervento francese a Bengasi, dove Haftar e i suoi alleati combattono l’Isis ma anche milizie islamiste «che non hanno nulla a che fare con Abu Bakr al Baghdadi». La sorte del governo di unità è appesa a un filo, e il premier designato «rischiava di arrivare a fine agosto con una situazione di grande difficoltà, a causa della crisi economica e di sicurezza». Ma oggi ha incassato anche il benestare della Noc, l’ente nazionale petrolifero libico, all’intesa mediata da Sarraj per la riapertura dei pozzi petroliferi nell’est, che potrebbe riportare la produzione a a 900mila barili al giorno. «Se riesce anche a conquistare Sirte, gli rimarrà di portare la luce nelle case per arrivare alla vittoria» e al consolidamento del potere del suo governo, sottolinea l’analista. Per quanto riguarda gli Usa, «non credo che siano pronti a una escalation. I raid di oggi sono stati mirati come quelli del recente passato. La novità è che adesso hanno il via libera di Tripoli. E se i libici riusciranno sconfiggere l’Isis a Sirte, come hanno fatto a Falluja, l’amministrazione Obama riuscirà a portare acqua al mulino di Hillary Clinton e della sua campagna elettorale», conclude Toaldo.

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