L’arresto di Abu Nassim è solo l’inizio: «Indagate sulla moschea di Milano»

19 Ago 2016 11:02 - di Redazione

Abu Nassim, uno dei capi dell’Isis, arrestato, secondo notizie di stampa libiche, mentre scappava da Sirte «quando ancora viveva in Italia, era solito frequentare la moschea di via Quaranta e il centro islamico di viale Jenner». Il consigliere regionale lombardo di Fratelli d’Italia, Riccardo De Corato è partito da questo dato per chiedere più controlli a Milano. «Noi speriamo, che in seguito all’arresto, si approfondiscano le indagini che già da tempo continuano sulla sua rete dei suoi contatti a Milano – ha aggiunto – specialmente in via Quaranta, viale Jenner e in zona San Siro, dove ha abitato condividendo l’appartamento in via Paravia, detto “la casa dei tunisini”, con un terrorista suo connazionale morto a Tunisi nel 2006. Uomini che già gli avevano giurato fedeltà vent’anni fa e che oggi potrebbero a loro volta essere stati sedotti dall’ideologia dell’Isis».

Abu Nassim in Italia deve scontare sei anni di carcere

Per la giustizia italiana Moez Fezzani, conosciuto come Abu Nassim, è un latitante perché a suo carico è stato emesso tempo fa un ordine di esecuzione pena, con conseguente mandato di arresto, a seguito di una condanna definitiva a sei anni di carcere. Nel frattempo, tuttavia, inquirenti e investigatori stanno verificando se, come riporta il sito Libya Herald, Abu Nassim sia stato effettivamente arrestato da forze libiche nel Paese mediorientale. La condanna definitiva per Fezzani (era stato assolto in primo grado nel 2012 e espulso dall’Italia) è relativa all’inchiesta portata avanti dal pm di Milano Elio Ramondini: Abu Nassim avrebbe fatto parte, tra il ’97 e il 2001, di una cellula legata al “Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento” con base a Milano e che reclutava martiri da inviare nei Paesi in guerra. Dopo sette anni nella base americana di Bagram in Afghanistan (Fezzani parlò di torture) venne consegnato all’Italia, assieme ad altri due, nel 2009.

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