Lite in moschea: ex imam e centro islamico finiscono in tribunale
La moschea della discordia. Il suo contratto di comodato era scaduto a ottobre 2014: per questa ragione il centro di Cultura e di Studi Islamici della Romagna ha fatto causa all’ex imam di Ravenna, Ghariub Ashraf, per ottenere la liberazione dell’appartamento che gli era stato messo a disposizione. Una controversia per la quale il giudice Cesare Santi della sezione civile del Tribunale di Ravenna ha ora deciso che la competenza spetta al giudice del Lavoro in virtù del tipo di rapporto instaurato tra le parti. E così quella che con ogni probabilità sarà la prima vertenza in materia lavoro in una moschea, si aprirà a fine settembre.
L’uomo era stato assunto per ricoprire il ruolo di imam in moschea
L’uomo – si legge in una nota del suo avvocato Erik Stefano Carlo Bodda del Foro di Torino – «era stato assunto nel 2009 dal Centro di Cultura e Studi Islamici della Romagna per ricoprire il ruolo di imam in moschea. E aveva, per tale scopo, ricevuto in godimento gratuito un appartamento adiacente alla nuova moschea, la seconda per importanza in Italia, dove viveva con la moglie e i cinque figli». I rapporti tra l’Imam e il Centro, secondo il legale, «si sono fatti aspri negli anni: per un intero anno Ghariub lamenta che non si è visto corrispondere lo stipendio previsto dal contratto di lavoro stipulato dalle parti. Alla scadenza del contratto lavorativo, l’ex imam, dopo avere richiesto l’integrale pagamento delle retribuzioni e le differenze relative ai periodi precedenti corrispondenti all’inquadramento come collaboratore di quinto livello, non aveva ottenuto alcun riscontro. Perciò trovandosi in difficoltà, con la numerosa famiglia aveva continuato a usufruire dell’appartamento». L’ente religioso a quel punto gli aveva allora chiesto di liberare i locali oltre che di pagare per la loro occupazione senza titolo e per le bollette pregresse. E così il caso era approdato sul tavolo del giudice civile.