Il sindaco di Arquata: «la gente vuole che la casa sia ricostruita lì dov’era»
A poco più di 24 ore dal devastante sisma che ha colpito tre regioni, la gente del centro dell’ascolano pensa già al futuro. E se lo immagina ancora lì, laddove c’era la propria casa ora distrutta, là dove ci sono le proprie radici, i propri ricordi.
«La gente vuole che le case vengano ricostruite dove erano», rivela il sindaco di Arquata del Tronto, Aleandro Petrucci.
Il dolore per la perdita dei propri cari è immenso, così come quello della distruzione della propria casa, costruita con grandi sacrifici. Ma peggio, ragionano ora le persone colpite dal sisma, potrebbe essere dover abbandonare quei luoghi, essere costretti ad andarsene via lasciandosi dietro tutto. No, non è possibile.
«Mi hanno chiesto di ricostruire dove già erano le case» ha annunciato il sindaco. «Arquata – ha aggiunto – è un monumento storico con la Rocca, che dovrà essere il simbolo della rinascita, e le case del Cinquecento. Anche Pescara ha una sua storia. La gente vuole restare qua».
Di fatto molte persone stanno presidiando le proprie case. Un po’ per paura degli sciacalli, un po’ perché non si vuole tagliare il “cordone ombelicale” con i propri affetti, i propri luoghi, le proprie memorie.
«L’affluenza nelle aree di accoglienza già attrezzate è stata minima la scorsa notte, molto al di sotto delle possibilità ricettive. Questo perché molte persone hanno scelto di trascorrere in auto o i altri ricoveri di fortuna le ore notturne», ammette il capo del Dipartimento della Protezione Civile Fabrizio Curcio.
Finora nelle Marche, sono stati allestiti 5 campi di accoglienza, e si prevede di aprirne altri. La Protezione civile sta valutando di portare delle tende nei luoghi più isolati, senza tuttavia “polverizzare”, osserva il capo della Protezione civile delle Marche, Cesare Spuri, le strutture di accoglienza. Ma cercando, al contempo, di andare verso la gente e le sue necessità di non staccarsi dal territorio, dalla propria casa.