11 settembre 15 anni dopo: e Al Qaeda torna a incitare all’odio jihadista (video)
11 settembre 15 anni dopo. Immagini viste milioni di volte, eppure sempre scioccanti. Agghiaccianti. Immagini impresse con il sangue nell’immaginario della paura che ha segnato indelebilmente uno dei giorni più cruenti della storia. Eppure la ripetizione a ciclo continuo di quei fotogrammi, di quelle istantanee viste e riviste, nulla toglie all’orrore di quella giornata di 15 anni fa, cominciata sotto un sole caldo e un cielo terso e finita nella coltre di polvere e cenere, funestata da un odore di morte e disperazione. 24 ore che Al Quaeda continua a rivendicare e “celebrare” inneggiando ad altro terrore, ad altro sacrificio umano.
11 settembre 15 anni dopo: l’ultimo appello all’odio di al Zawahiri
“La priorità deve essere la jihad contro l’America”. Più che un appello suona come un imperativo categorico il messaggio del leader di al Qaida, Ayman al Zawahiri, che torna a minacciare l’Occidente con un video postato alla vigilia del quindicesimo anniversario degli attentati dell’11 settembre 2001. Una vigilia travagliata per l’amministrazione Obama, che oltre che con l’allerta sicurezza deve fare i conti col via libera del Congresso alla legge bipartisan che permette alle famiglie delle vittime del’11/9 di fare causa all’Arabia Saudita. Il timore della Casa Bianca è che ora possa essere ribaltato il veto presidenziale, già pronto sul tavolo dello Studio Ovale. E all’orizzonte si profila un braccio di ferro che potrebbe infuocare le ultime settimane della campagna elettorale americana. “Bisogna esportare la guerra santa e colpire gli Stati Uniti e i loro alleati”, tuona intanto al Zawahiri, che per un giorno ruba la scena ai miliziani del terrore di quello Stato islamico che orami da anni ha sostituito al Qaeda in cima alle preoccupazioni dei Paesi Occidentali. “Fino a quando i vostri crimini continueranno – minaccia il successore di Osama Bin Laden – gli eventi come l’11 settembre dovrebbero ripetersi migliaia di volte, così è la volontà di Allah”. E mentre una nazione intera torna a stringersi nel lutto e si prepara al doloroso ricordo degli attacchi alle Torri Gemelle e al Pentagono, senza scordare l’aereo precipitato in Pennsylvania probabilmente destinato a colpire il Congresso, al Zawahiri continua a rimestare nel torbido e a incitare all’odio etnico e religioso lanciando anche un inedito invito alla comunità afroamericana, cavalcando dunque le crescenti tensioni razziali in corso negli Stati Uniti. E per essere ancora più credibile arriva addirittura a strumentalizzare “ad arte” persino ad un audio con la voce di Malcom X: “Aderite all’Islam, diventate musulmani, ribellatevi alle leggi dei bianchi e combattete”.
Tra ricordo e incubo sicurezza del presente
Parole che contribuiscono a funestare un giorno di celebrazioni nazionali e a dividere quando un Paese intero è invece accomunato da un dolore che ha investito gli americani tutti. Parole che certo non possono non preoccupare le autorità e le forze di polizia a stelle e strisce e, in particolare, le città di New York e Washington, con le straordinarie misure di sicurezza approntate per le celebrazioni dell’anniversario dell’11 settembre e elevate fino agli ultimi istanti ai massimi livelli. Soprattutto nell’area del Memorial di Ground Zero, dove tra le tante personalità ci sarà anche la candidata democratica alla Casa Bianca Hillary Clinton, che all’epoca degli attentati era senatrice eletta proprio nello stato di New York.
I mal di pancia di Obama per la causa all’Arabia Saudita
Ma, allerta sicurezza e cordoglio celebrativo a parte, il mal di pancia di Obama in queste ore è dovuto soprattutto al caso della legge sulle possibili cause all’Arabia Saudita, sospettata – evidentemente non solo da parte dell’opinione pubblica americana – di essere dietro agli attacchi di 15 anni fa. E al mal di pancia il presidente uscente deve aggiungere anche il mal di testa generato dalle preoccupazioni del vero e proprio “incubo diplomatico” che l’inquilino della Casa Bianca già alle prese con i bagagli sta vivendo nelle ultime settimane del suo mandato. Obama infatti è sempre stato contrario alla legge, sia per il timore di compromettere le già difficili relazioni col principale alleato del Golfo sia per il timore di creare un precedente che faccia sentire altri Paesi in diritto di muovere causa agli Stati Uniti. Però questa volta la possibilità che il veto del presidente Obama venga respinto in Congresso (sarebbe la prima volta) è reale visto l’ampio consenso bipartisan di cui gode la legge, considerata da molti come “un imperativo morale” in nome delle famiglie delle vittime dell’11 settembre.