Bracciano, sconto di pena per il ragazzo che uccise Federica Mangiapelo
Anche per i giudici d’appello fu Marco Di Muro, la notte di Halloween del 2012, a tenere la testa della fidanzata sedicenne Federica Mangiapelo sotto l’acqua del lago di Bracciano fino a portarla alla morte. Oggi la prima Corte d’assise d’appello, presieduta da Giancarlo De Cataldo, ha condannato il 21enne di Formello a 14 anni di reclusione, quattro in meno rispetto a quelli inflitti in primo grado dal gup di Civitavecchia a conclusione del processo col rito abbreviato per l’accusa di omicidio volontario aggravato. Si è chiusa processualmente oggi, anche in appello, una vicenda che fin dal 2012 ha creato sgomento nell’opinione pubblica. Federica, all’epoca 16enne, fu trovata morta da un passante; il suo corpo era sulla spiaggia del lago di Bracciano, nei pressi di Anguillara Sabazia, centro vicino Roma nel quale risiedeva. Il ‘giallo’ fu fin da subito intenso. Sul corpo della ragazza nessun apparente segno di violenza; tant’è che inizialmente l’ipotesi investigativa più accreditata fu quella di un incidente. I carabinieri accertarono che Federica era uscita dalla casa del padre Gino intorno alle 22.30 del primo novembre, per andare con il fidanzato Marco e festeggiare la notte di Halloween. Verso le 3 del mattino, ci sarebbe stato un litigio, con la ragazza che chiese di essere riaccompagnata a casa. La mattina dopo fu trovato il suo corpo senza vita. Di Muro, immediatamente interrogato, disse che nel periodo in cui fu fatto risalire quell’annegamento, lui non si trovava con la fidanzata. Dall’autopsia, la conferma: nessun segno di violenza sul corpo di Federica; tecnicamente si parlò di morte per cause naturali. Marco Di Muro fu iscritto nel registro degli indagati come “atto dovuto”, al fine di consentire agli specialisti del Ris di effettuare alcuni ulteriori accertamenti, ma anche perché il ragazzo fu ritenuto l’ultima persona ad essere stata con Federica. Il giovane più volte disse di avere lasciato la fidanzata da sola, in una notte particolarmente fredda e piovosa, attorno alle tre della notte. Nel dicembre del 2014, Marco Di Muro fu arrestato con l’accusa di omicidio volontario aggravato. L’ipotesi accusatoria fu quella di un litigio, forse per motivi di gelosia, al culmine del quale ci sarebbe stato uno strattonamento, una caduta a terra, e alla fine l’annegamento. D’altro canto era stata proprio la perizia pneumologica in sede d’incidente probatorio a far luce sulla vicenda, stabilendo che Federica era morta per annegamento, e non per cause naturali. Il 17 luglio 2015 ci fu l’udienza preliminare, con la richiesta di rito abbreviato e la condanna di Di Muro a 18 anni di reclusione. Oggi, la sentenza d’appello con la conferma della tesi accusatoria e la riduzione della condanna per la concessone delle attenuanti generiche equivalenti all’aggravante della minorata difesa che è stata contestata al giovane.