Galli della Loggia: «Parisi non ha bisogno di primarie, ma di Berlusconi»
Stefano Parisi come Matteo Renzi? Dalle colonne del Corriere della Sera, il prof. Galli della Loggia sembra nutrire pochi dubbi. «Entrambi – si legge nel suo editoriale – partono da una base di consenso cittadino» per la conquista dei loro partiti, Forza Italia e il Pd. Ed entrambi – argomenta ancora Galli della Loggia – sono costretti a farlo contro i rispettivi establishment, con la differenza che mentre l’attuale premier c’è riuscito attraverso le primarie, Parisi «non può che provarci con una spinta dall’alto dovuta a Berlusconi». Non è dato sapere quale sia il valore che l’illustre editorialista del Corriere attribuisca alla legittimazione democratica di una leadership, ma non gli dovrebbe essere difficile immaginare che un berlusconismo senza Berlusconi finirebbe per degradare l’intero centrodestra ad una caricatura politica ben più ridicola di quanto non gli appaia oggi. È certamente vero che a destra le carte le distribuisce ancora Berlusconi e che è la sua sopravvivenza politica a garantire l’esistenza di Forza Italia, ma è altrettanto vero che neppure questa singolarissima condizione riuscirebbe a giustificare un’investitura di tipo monarchico.
Il rilancio del centrodestra e Berlusconi
Il rilancio di una coalizione che negli ultimi vent’anni – grazie soprattutto a Berlusconi, ma non solo – ha ricevuto il consenso di milioni e milioni di italiani non può essere affidata al tocco magico di una secca indicazione personalistica appena condita da generici richiami ad un improbabile «spirito del ’94». A distanza di oltre vent’anni da allora una lettura meno sbrigativa e pigra dell’affermazione del Polo della Libertà, di cui Berlusconi fu certamente demiurgo ma non protagonista esclusivo, s’impone. Già, perché, almeno nella sua essenza più profonda, lo «spirito del ’94» rappresentò soprattutto la rivincita delle culture politiche compresse o negate dal mainstream della Prima Repubblica che aveva prodotto democrazia bloccata e uno dei debiti pubblici più alti del mondo. Che poi quello «spirito» abbia in gran parte disatteso le speranze suscitate, rappresenta senz’altro un motivo in più perché il centrodestra, oltre che dall’alto, qualche spinta la riceva anche da chi – anche in questi anni di declino – ha continuato ad alimentarlo e a sostenerlo con il proprio consenso.