La rivolta comincia dai banchi. I giovani di FdI: no alla scuola di Renzi
La rivolta comincia dai banchi. È lo slogan scelto all’apertura dell’anno scolastico da Gioventù nazionale, il movimento giovanile di Fratelli d’Italia, e da Azione studentesca. Gli studenti di destra annunciano una stagione senza sconti all’insegna del no alla “Buona scuola” di Renzi.
I giovani di FdI: no alla scuola di Renzi
«Un altro anno scolastico è cominciato e ci vogliamo porre da subito come forza di rottura nei confronti di tutto ciò che è stata la scuola fino ad oggi. Andiamo contro la riforma cosiddetta ‘’Buona scuola’’, contro quella visione di una scuola che vorrebbe appiattire la nostra identità e la nostra coscienza, ripudiamo quella scuola che vorrebbe renderci automi schiavi del sistema». Siamo stufi – si legge in un comunicato firmato dai responsabili delle due sigle, Francesco Todde e Edoardo Stacchiotti – «di vedere le nostre scuole crollare, siamo stanchi di ascoltare le solite vecchie promesse. Non permetteremo più che gli studenti siano considerati solo come marionette dello spettacolo tragicomico in cui si hanno trasformato la Scuola italiana». Il bersaglio è la finta riforma voluta dal premier complice la ministra dell’Istruzione, Stefania Giannini, che ha subìto il diktat renziano senza consultare le categorie, gli studenti e gli operatori del mondo della scuola.
Una finta riforma da abrogare
Tra i più convinti oppositori della riforma della scuola i deputati di Fratelli d’Italia che hanno proposto un referendum abrogativo. «Neanche Berlusconi era riuscito a mettere insieme tutti, sigle sindacali, precari, insegnanti, studenti, dirigenti scolastici, famiglie – ha dichiarato il capogruppo Fabio Rampelli all’avvio della protesta – un evento eccezionalattivato a causa delle assurdità e delle sperequazioni della “buona scuola”, progetto sconclusionato e verticistico che rischia di distruggere quel poco che ancora resiste di serio per i nostri ragazzi e che subito i movimenti romani hanno ribattezzato “bona sòla”. Renzi smetta di sentirsi Napoleone Bonaparte, si renda conto che non può varare una riforma seguendo le idee bislacche del suo “cerchio tragico”».