Egitto ammette: fu un sindacalista a denunciare Regeni alla polizia
10 Set 2016 7:27 - di Redazione
La comunicazione negata in passato dagli inquirenti locali e ora ammessa dal procuratore generale egiziano Nabeel Sadek fa saltare sulla sedia i pubblici ministeri romani e accende un faro sul sequestro e l’omicidio di Giulio Regeni: il giovane ricercatore friulano fini nel mirino della polizia del Cairo a gennaio 2016, due settimane prima della sua scomparsa. ufficialmente solo per tré giorni, da 7 al io, ma è plausibile che le «attenzioni» siano proseguite anche dopo e abbiano a che fare con il rapimento del 25 gennaio, le successive torture, la decisione di ucciderlo e riconsegnarlo cadavere il 3 febbraio, si legge su “il Corriere della Sera“.
Caso Regeni: collaborazione giudiziaria Italia-Egitto
È la novità più importante emersa da due giorni di incontri tra Sadek, accompagnato dal suo team investigativo, e il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone con il sostituto Sergio Colaiocco, che stanno cercando di verificare le indagini egiziane e raccogliere elementi per arrivare alla verità. Riunione definita «confronto proficuo» dal comunicato congiunto firmato da Pigliatone e Sadek, che sancisce la ripresa della collaborazione giudiziaria interrotta dopo il fallimento del vertice di aprile (dove non c’era il procuratore generale ma altri magistrati, accompagnati da esponenti della polizia egiziana che stavolta sono rimasti a casa) a seguito del quale il governo richiamò l’ambasciatore, non ancora tornato al Cairo.
Fu un sindacalista a denunciare Regeni
L’inchiesta a carico di Regeni fu la conseguenza di un esposto presentato da Mohamed Abdallah, all’epoca capo del sindacato autonomo dei venditori ambulanti sui quali Giulio stava conducendo delle ricerche per conto dell’Università di Cambridge, e a cui s’era impegnato a far ottenere un finanziamento di 1o.ooo sterline. Ma i soldi non arrivarono e il 7 gennaio Abdallah denunciò Regeni, definendo strane e insistenti le sue domande nell’ambiente degli ambulanti. Quanto bastava perché la polizia delle infrastrutture pubbliche trasmettesse l’esposto alla polizia investigativa penale, che però dopo tre giorni avrebbe concluso che non c’erano profili d’interesse per la sicurezza nazionale. Ufficialmente gli accertamenti finirono li, ma è evidente l’interesse investigativo di questo episodio, visto che nei mesi scorsi i poliziotti del Servizio centrale operativo e i carabinieri del Ros avevano già indagato sulla figura di Abdallah presentando ai pm di Roma un voluminoso rapporto.