Nel suo diario odio e minacce agli Usa: ecco chi è Rahami, l’attentatore di NY
Sperava che il rumore delle bombe «si sentisse nelle strade», per una lunghezza prevista di almeno un miglio. Preferiva morire come martire piuttosto che essere catturato. Professava ad ogni occasione il suo viscerale odio per l’America, “rea” – ai suoi occhi – di continuare «il massacro contro i mujaheddin, o guerrieri santi» e, soprattutto, pianificava e annunciava minacce di morte contro «l’oppressione americana». Sono alcuni dei deliranti passaggi messi nero su bianco sul suo diario da Ahmad Khan Rahami, il giovane americano di origini afghane, accusato delle bombe a New York e in New Jersey.
Rahami, l’americano di origini afghane: le indagini, le accuse
Sul fronte investigativo, dunque, le indagini proseguono e via via che passano i giorni emergono particolari inquietanti sui propositi di morte e sui motivi di odio che li hanno scatenati e, ad oggi, il dipartimento di giustizia Usa ha reso noto che i procuratori hanno accusato Ahmad Khan Rahami, arrestato nell’inchiesta sugli attentati dinamitardi di New York e del New Jersey, di aver usato armi di distruzioni di massa e bombe in luoghi pubblici. Rahami è dunque ora formalmente accusato delle due bombe di New York (una esplosa ferendo una trentina di persone, l’altra no), di quella deflagrata lungo il percorso di una gara podistica in New Jersey e di aver lasciato una serie di ordigni esplosivi in uno zaino alla stazione di Elisabeth, sempre in New Jersey. L’uomo, peraltro, è già stato accusato nei giorni scorsi di tentato omicidio e porto d’armi illegale per il conflitto a fuoco con la polizia, che poi l’ha ferito e arrestato.
Rahami, l’identikit dell’attentatore
Un uomo che si è nutrito di odio per il Paese in cui è cresciuto e che ha sempre covato propositi di morte per gli americani e di martirio per se stesso. Eppure, incredibile ironia della sorte, nei suoi trascorsi professionali figura l’ingaggio come guardia non armata per alcune compagnia di sicurezza privata, inclusa una che forniva servizi alla Ap, come scrive la stessa agenzia d’informazione. Non solo: per due mesi, nel 2011, ha lavorato come guardia notturna negli uffici amministrativi dell’Ap a Cranbury, New Jersey, come dipendente della Summit security, una compagnia privata. Il capo della sicurezza della Ap, Danny Spriggs, ha riferito che Rahami ingaggiava spesso con i colleghi lunghe discussioni politiche, esprimendo simpatia per i talebani e disprezzo per l’azione militare in Afghanistan, tanto che sembra che un portavoce dell’Ap, Paul Colford, abbia precisato che in passato l’agenzia riportò le circostanze alle forze dell’ordine. E non è ancora tutto: un cv di tutto rispetto, fino a domenica scorsa, quello di Rahami che secondo alcuni documenti giudiziari avrebbe lavorato anche per una compagnia di sicurezza a Parsippanu, sempre in New Jersey, nel 2008.
Rahami, nel suo diario pagine di odio, propositi di strage
Eppure è ormai drammaticamente chiaro come vivere da sempre e lavorare in e per gli Stati Uniti d’America non abbia minimamnete stemperato odio e intenti stragisti del giovane di origini afghane che, nel suo diario infatti, annotava precisi riferimenti di apprezzamento anche per Osama bin Laden, oltre che per l’imam americano-yemenita Anwar al-Awlaki, ucciso da un drone Usa in Yemen il 30 settembre del 2011, e per Nidal Hasan, il medico militare americano autore della strage di Fort Hood, la base militare del Texas in cui nel 2009 furono uccise 13 persone. Dunque, non ci sono più dubbi sulla matrice d’odio dietro gli attenati di New York e New Jersey: ammirava l’ex numero uno di Al Qaeda e voleva il martirio, il giovane americano di origini afghane ora formalmente incriminato per le bombe di New York e in New Jersey con l’accusa di aver usato armi di distruzioni di massa. E le pagine del suo diario scritto a mano, allegate ai primi documenti dell’inchiesta, lo testimoniano inconfutabilmente. Intanto, affiorano le prime perplessità sui controlli dell’Fbi. Appunti che confermano i timori di una sua radicalizzazione e del suo anti americanismo. Ma anche l’ingenua convinzione di non essere scoperto, come dimostrano l’acquisto su eBay di alcuni componenti degli ordigni e il video delle sue ciniche prove d’attentato, con tanto di risate. E proprio in riferimento alle notizie secondo cui Ahmad Khan Rahami avrebbe ordinato alcuni componenti per gli esplosivi (acido citrico, cuscinetti a sfere e accenditori elettronici) sul sito di eBay, l’azienda ha tenuto a precisare in queste ore, attraverso una nota, come stia «collaborando proattivamente con le forze dell’ordine impegnate nelle indagini», precisando che «gli oggetti acquistati dal sospettato possono essere legalmente comprati e venduti negli Stati Uniti e sono ampiamente disponibili nei negozi online e offline».
Tutte le tracce lasciate dal terrorista
«Il rumore delle bombe sarà sentito nelle strade. Colpi per la vostra polizia. Morte per la vostra oppressione», si legge in un passaggio del diario, dove ci sono riferimenti sia ai tubi bomba sia alle pentole a pressione bomba. Non solo: «Nel suo diario Rahami non dimentica neppure i fratelli ceceni autori dell’attentato alla maratona di Boston, con le stesse pentole a pressione che lui ha piazzato a Ny. Non a caso, in un video registrato due giorni prima che entrasse in azione, recuperato dal cellulare di un membro della sua famiglia, lo si vede mentre dà fuoco a «materiale infiammabile in un contenitore cilindrico». Il video mostra l’accensione di una miccia, un rumore forte e fiamme, seguite da una nuvola di fumi e da risate. Forse il precedente della denuncia del padre di Rahami, che lo accusava di essere un terrorista, prima di ritrattare, avrebbe dovuto destare qualche timore o presagio nell’intelligence Usa. Forse gli 007 a stelle e strisce avrebbero dovuto alzare la guardia dopo quei viaggi sospetti in Pakistan a cui oggi, gli investigatori, attribuiscono la «metamorfosi» di Rahami. Forse… Ma questa è un’altra storia.