La Cassazione censura un magistrato per la detenzione disumana di Corona

18 Ott 2016 18:49 - di Paolo Lami

La sua richiesta risarcitoria per inumana detenzione era stata “cestinata” con decreto del magistrato di sorveglianza del 26 gennaio 2015 che riteneva non più valida la domanda. Ma oggi la Cassazione ha accolto la protesta della difesa di Fabrizio Corona – il fotografo tornato in carcere per aver nascosto al fisco circa tre milioni di euro dei quali si indaga la provenienza – contro la dichiarazione di inammissibilità del reclamo da lui presentato alla magistratura di sorveglianza di Milano per ottenere un risarcimento per le condizioni di detenzione disumana che, a suo avviso, avrebbe patito nel carcere di Opera.
Il magistrato di sorveglianza aveva ritenuto che la richiesta di Corona non era più valida in quanto il fotografo non era più in cella dopo l’affidamento in prova ai servizi sociali, ed inoltre riteneva non specificati i cosiddetti «i fattori ambientali che giustificavano la richiesta».
Ad avviso dei supremi giudici – sentenza 44180 depositata oggi – invece, il magistrato di sorveglianza ha sbagliato a trattare sbrigativamente la questione mentre avrebbe dovuto convocare il «contraddittorio delle parti», «tanto più necessario in considerazione della novità dell’istituto» (la risarcibilità della detenzione inumana, dopo la sentenza della Corte di Strasburgo) e «del dibattito dottrinale e giurisprudenziale da esso originato» che esclude che le richieste di indennizzo possano essere “liquidate” senza convocare gli avvocati e il detenuto che si è lamentato per le condizioni di invivibilità del carcere.
Pertanto gli “ermellini” hanno «annullato senza rinvio il decreto impugnato» dalla difesa di Corona e disposto la trasmissione degli atti al magistrato di sorveglianza di Milano che dovrà dare «ulteriore corso» alla richiesta del fotografo in modo «rispettoso» delle regole indicate dal verdetto, cioè con la convocazione delle parti e la celebrazione dell’udienza con la loro partecipazione.
Proprio oggi, il gip di Milano ha confermato l’arresto di Corona scattato il dieci ottobre in seguito al ritrovamento in casa di una sua “prestanome” di un milione e settecentomila euro, e al ritrovamento di altri 900 mila euro in un conto in Austria.

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