Iraq, l’Isis ha massacrato 232 civili in 3 giorni: l’inferno delle donne scampate

27 Ott 2016 11:18 - di Augusta Cesari

Nuovo massacro dell’Isis in Iraq: 232 civili, in gran parte ex membri della polizia o delle forze di sicurezza di Baghdad sono stati trucidati negli ultimi tre giorni. Il teatro dell’orrenda strage è il villaggio di Hammam al-Alil, sobborgo 9 chilometri a sudest di Mosul. Lo riferisce il presidente della commissione diritti umani del Parlamento iracheno, Abdulrahim Shamari, citato dai media curdi. Gli uccisi erano stati rastrellati e portati nel villaggio del massacro. Si teme per la sorte di centinaia di familiari.

Donne in fuga dall’orrore dell’ Isis

Si teme soprattutto per tante donne. Alcune di loro sono riuscute a mettersi in salvo I seguaci di Abu Bakr al Baghdadi “avevano la barba e i capelli lunghi. Si vestivano di nero. Per tre anni non ci hanno fatto andare a scuola” raccontano due bambine, di 10 e 8 anni, nate nel carcere a cielo aperto di Hawija, l’inferno Isis a 140 chilometri a sud di Erbil. Ora le piccole, assieme a centinaia e centinaia di coetanei, sono ospitate nel campo profughi di Dibaga, una quarantina di chilometri da Hawija, dove l’Ong ‘Un Ponte per…’ Iraq ha avviato un progetto di sostegno psicologico e di assistenza rivolto in particolare alle donne. “Ci occupiamo di salute legata alle problematiche sessuali, alle diagnosi pre-natale e alla contraccezione”, spiega la dottoressa a bordo del pullmino che da Erbil è diretto a Dibaga. Il problema è che nella cultura irachena avere molti figli, soprattutto maschi, per una donna è simbolo di forza. Per non parlare delle donne abusate fin da piccolissime. In alcuni casi “vengono usati i profilattici con le schiave del sesso, un fenomeno che purtroppo dobbiamo confermare”. Il campo di Dibaga ospita oltre trentamila persone. Le donne sono quasi il 40%, ovvero 17.000. Poi ci sono i bambini, tantissimi, che hanno bisogno di aiuto. In altri campi, per i giovani, ‘Un Ponte per…’ Iraq ha messo in campo progetti per farli tornare alla “routine” della quotidianità. Missione molto difficile, quasi impossibile.

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