Il No di Mario Monti al referendum: «È il trionfo delle elargizioni»
Mario Monti voterà no al referendum costituzionale. Quella dell’ex presidente del Consiglio è una bocciatura totale. «Il vero costo della politica non è quello dei senatori. È nel combinato disposto fra la Costituzione, attuale o futura, e metodo di governo con il quale si è lubrificata da tre anni l’opinione pubblica con bonus fiscali, elargizioni mirate o altra spesa pubblica perché accettasse questo», ha detto Monti confessando di aver riflettuto a lungo. «Ho concluso che votare sì al referendum significherebbe votare sì al tenere gli italiani dipendenti da questo tipo di provvidenza dello Stato. Sarebbe un sì a non mantenere con loro un rapporto da cittadini adulti o maturi nei confronti dello Stato».
Monti al Corriere: voterò no alla riforma
In un’intervista al Corriere della Sera Monti spiega le ragioni del no alla riforma firmata Renzi-Boschi. «Di questa riforma mi hanno sempre convinto la modifica del rapporto fra Stato e Regioni, l’abolizione del Cnel e la fine del bicameralismo perfetto. Non mi convince un Senato così ambiguamente snaturato, nella composizione e nelle funzioni. Meglio sarebbe stato abolirlo». All’ex premier risulta impossibile dare il suo voto a una «Costituzione che contiene alcune cose positive e altre negative, ma che, per essere varata, sembra avere richiesto una ripresa in grande stile di quel metodo di governo che a mio giudizio è il vero responsabile dei mali più gravi dell’Italia: evasione fiscale, corruzione, altissimo debito pubblico».
Un Senato pasticciato e inutile
«Non avrebbe senso darsi una Costituzione nuova – aggiunge Monti nella lunga intervista – se essa deve segnare il trionfo di tecniche di generazione del consenso che più vecchie non si può». Inoltre Monti invita gli italiani a «dare il voto secondo coscienza. Se vincesse il no non sparirebbero gli investitori esteri. Se vincesse il sì non sparirebbe ogni democrazia. E la Ue può stare tranquilla: l’Italia non rischia di cadere e di travolgere l’euro». Quanto alle ricadute sulla tenuta del governo, l’ex presidente del Consiglio e commissario europeo dice di non vedere ragioni per cui Matteo Renzi dovrebbe lasciare in caso di una vittoria del no. «Se tuttavia dovesse lasciare, non vedo particolari sconvolgimenti. Toccherà al capo dello Stato decidere, ma sarebbe facilmente immaginabile una sostanziale continuazione dell’assetto di governo attuale con un altro premier parte della maggioranza». Sulla legge elettorale, invece, ironizza: «A sentire alcuni ormai sembra improponibile qualunque sistema in cui non si conosce il vincitore la sera stessa. Eppure in Germania a volte bisogna aspettare mesi, ma poi si arriva a un programma chiaro e tale da limitare patti fra arcangeli o nazareni…».