I biglietti di Marco Prato dopo l’orribile delitto: non una parola sulla vittima
«Fate una festa per il mio funerale. Vorrei una cerimonia laica, fiori, canzoni di Dalla. Bei ricordi». Una serie di messaggi di addio scritti con mano incerta da Marco Prato, il trentenne romano accusato assieme a Manuel Foffo della morte di Luca Varani, spuntano a circa sei mesi dal massacro del Collatino. Sono stati scritti nella stanza di albergo dove Prato, dj e organizzatore di eventi notturni, si rinchiuse dopo l’omicidio del 23enne nel marzo scorso, forse per tentare di suicidarsi.
Caso Varani, i messaggi di Prato con le scuse ai genitori
«Chiedo scusa a tutte le persone a cui ho fatto qualcosa – si legge in uno dei messaggi – Vi scrivo mentre me ne sto andando». I messaggi emergono a pochi giorni dal nuovo sopralluogo che giovedì prossimo, gli inquirenti svolgeranno nella stanza dell’albergo. Prato si rivolge anche ai genitori: «Mamma e papà vi amo e vi ho sempre amati, non ho rancore o rabbia, solo amore per voi. Mamma ti ho amata – scrive — ogni giorno della mia vita e non devi pensare nemmeno un secondo ai nostri silenzi perché per me non sono mai esistiti». Prato aggiunge: «Sto male o forse sono sempre stato così, ho scoperto cose orribili dentro di me e nel mondo. Fa troppo male la vita». E ancora: «Non avete nessuna responsabilità – dice ai genitori – nè avete fatto nulla per essere complici dell’autolesionismo. Cercate di essere sereni, amatevi e non sentitevi mai in colpa». In altri messaggi Prato dà disposizioni sulle sue esequie aggiungendo: «Non indagate sui miei risvolti torbidi, non sono belli». Su Luca Varani nessuna parola.