Pm: processare gioielliere che uccise 2 banditi. E i parenti: ci risarcisca

27 Ott 2016 14:00 - di Paolo Lami

Sparò, uccidendoli, a due rapinatori che stavano tentanto di depredare la gioielleria della moglie. E, per questo, avevano preso a schiaffi, calci e pugni la donna puntandole una pistola alla gola e minacciandola di ucciderla per vincerne la resistenza. Ora la Procura di Catania ha chiesto il processo per il gioielliere di Nicolosi, Guido Gianni, 57 anni, accusato di duplice omicidio e tentativo di omicidio. E i parenti dei due banditi uccisi e anche del terzo, rimasto ferito, si sono costituiti parte civile contro l’uomo che aveva difeso la moglie, Mariangela Di Stefano, e che ora i magistrati chiamano a risarcire le famiglie dei malviventi.
Era il 18 febbraio del 2008 quando i tre, Sebastiano Catania e Davide Laudani, entrambi di 21 anni, e Fabio Pappalardo di 30, tutti originari di Acicatena, scesero da una Nissan Micra e fecero irruzione, con il viso camuffato dai passamontagna, all’interno della gioielleria Di Stefano “Pierre Bonnet” di Corso Italia.
Il gioiellere Gianni Guido era sul retro del negozio. Sentì le urla della moglie e accorse, impugnando una pistola. Con grande freddezza il gioielliere sparò due colpi in aria per intimidire i banditi e costringerli alla fuga e a lasciare la moglie. Invece i tre, per nulla preoccupati e sempre impugnando l’arma, si gettarono sul gioielliere. Ne nacque una collutazione con i banditi che – tre contro uno – stavano avendo la meglio sul gioielliere. E Gianni sparò di nuovo. Sparò, ancora mentre i tre banditi si davano, finalmente, alla fuga. Un errore fatale dovuto, probabilmente, alla situazione di terrore che il gioielliere stava vivendo. Fatto sta che uno dei rapinatori morì sul posto, accasciandosi su Corso Italia, proprio davanti alla gioielleria. Un altro morì successivamente in ospedale per le ferite riportate.
Si scoprì, poi, che la pistola che i rapinatori brandivano era finta. Ma il gioielliere non poteva saperlo: i banditi gli avevano tolto il tappo rosso che identifica le repliche delle armi proprio per rendere più credibile la minaccia e, inoltre, l’avevano anche dotata di un caricatore.
Dalla successiva ricostruzione dei periti medico legali e balistici emerse che l’uomo, dopo avere ingaggiato la colluttazione con i banditi, li avrebbe feriti, ma i colpi mortali sarebbero stati esplosi mentre fuggivano e i tre sarebbero stati centrati alle spalle.
Nell’udienza davanti al gip, Fabio Di Giacomo Barbagallo, i familiari delle due persone uccise, Davide Laudani e Sebastiano Catania, e il ferito, Fabio Pappalardo, entrati nell’inchiesta come parti lese, si sono costituiti parte civile. Il giudice delle indagini preliminari ha ammesso la richiesta del legale del gioielliere, l’avvocato Orazio Gulisano, di far svolgere una perizia psichiatrica sull’imputato per stabilire se, nel momento in cui ha esploso i colpi di arma da fuoco, fosse in grado di intendere e volere o se la sua mente fosse stata “offuscata” dall’aggressione alla moglie. Il gip ha, poi, aggiornato l’udienza al prossimo 9 novembre per nominare il perito incaricato di eseguire l’esame sul gioielliere.

Commenti

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  • Mino 11 Febbraio 2018

    Le riforme costano ma fare una bella legge in cui si mette nero su bianco che chi va a fare rapine a mano armata, se viene impallinato sono cavoli suoi, non sarebbe costata un centesimo.PERCHE’ QUANDO SI E’ STATI MAGGIORANZA DI GOVERNO NON E’ STATA FATTA? il puttaniere aveva altro per la testa . Speriamo ci pensi Salvini in un prossimo futuro ed i parenti delle vittime invece di chiedere soldi per il porco un tot al chilo, siano chiamati a rimborsare il giustiziere per il disturbo.