Sessant’anni fa iniziava la rivolta dei ragazzi di Buda (e di quelli missini)
“Avanti ragazzi di Buda, avanti ragazzi di Pest, studenti, braccianti, operai il sole non sorge più ad Est!”.
Il 23 ottobre del 1956, a Budapest, iniziava la Rivoluzione ungherese con una sollevazione armata antisovietica che durò fino all’11 novembre 1956, duramente repressa dall’intervento armato delle truppe sovietiche. Morirono circa 2.700 ungheresi e 720 soldati sovietici. I feriti furono molte migliaia e circa 250mila furono gli ungheresi che lasciarono il proprio Paese rifugiandosi in Occidente. La rivoluzione portò a una significativa caduta del sostegno alle idee del bolscevismo, che in Italia, proprio in quei mesi, avevano trovato sponde politiche di peso, come quelle del Pci e di Giorgio Napolitano, impegnati a incoraggiare la repressione sovietica. Il popolo ungherese, nell’indifferenza dell’Occidente, fu lasciato alla mercé degli invasori sovietici, dei loro carri armati, delle loro artiglierie pesanti, dei loro plotoni d’esecuzione mentre in Italia veniva rifiutato persino un dibattito parlamentare. Nel Msi, invece, tra la fine di ottobre e i primi di novembre numerosi giovani aderenti o vicini alle posizioni missine partirono per raggiungere l’Ungheria. Mirko Tremaglia fece esporre un manifesto nelle vie di Milano sollecitando la costituzione di battaglioni di volontari per combattere contro i Russi e partì alla volta dell’Ungheria inseguito da una denuncia della polizia per costituzione di banda armata. Riuscì a soccorrere e a far fuggire civili ungheresi perseguitati ospitandoli a Bergamo. La canzone “I ragazzi di Buda”, probabilmente scritta da Pingitore, è poi diventata l’inno di intere generazioni di ragazzi di destra. “Ragazza non dire a mia madre, che io morirò questa sera; ma dille che vado in montagna, a che tornerò in primavera…”.
I ragazzi di Buda repressi nel sangue
La rivolta ebbe inizio il 23 ottobre 1956 da una manifestazione pacifica di alcune migliaia di studenti. In poco tempo molte migliaia di ungheresi si aggiunsero ai manifestanti e la manifestazione (inizialmente a sostegno degli studenti della città polacca di Poznań, in cui una manifestazione era stata violentemente repressa dal governo), si trasformò in una rivolta contro la dittatura di Mátyás Rákosi, un appartenente alla “vecchia guardia” stalinista, e contro la presenza sovietica in Ungheria. Nel giro di alcuni giorni, milioni di ungheresi si unirono alla rivolta o la sostennero. Il 3 novembre, in un acquartieramento dell’Armata Rossa comandato dal generale Malinin, durante la ripresa dei colloqui di trattative con i sovietici in merito al ritiro dell’Armata Rossa in seguito alla dichiarazione di neutralità del 1º novembre, l’appena nominato ministro della difesa, generale Pál Maléter, fu arrestato da truppe del KGB al comando di Ivan Serov, assieme a tutta la delegazione ungherese, con le proteste di Malinin stesso. La sera del 4 novembre, Imre Nagy si rifugiò nell’ambasciata iugoslava, grazie ad un salvacondotto fornitogli da quel paese. Il 22 novembre, per un accordo intervenuto nel frattempo tra Josip Broz Tito e Nikita Sergeevič Chruščёv, dopo una visita del secondo al primo a Brioni, verrà consegnato ai sovietici. I due saranno poi processati e successivamente impiccati (e non fucilati, come riportato da qualche fonte) dopo quasi due anni (il 16 giugno 1958, assieme al giornalista Miklós Gimes). Ebbe così fine tra il 4, giorno dell’entrata dell’Armata Rossa a Budapest, e il 7 novembre, con la restaurazione di un governo filo-sovietico capeggiato da Kádár, la “Rivoluzione del ’56”.