“Sole 24Ore”: la Procura di Milano apre un’inchiesta su bilanci, copie e ricavi
Ci sono voluti 6 anni e mezzo prima che qualcosa si muovesse davvero. Era la primavera del 2010 quando quattro giornalisti del Sole 24 ore, Donatella Stasio, Nicola Borzi, Alessandro Galimberti, Giovanni Negri, presentarono un esposto alla Consob lamentando immensi conflitti di interessi e conti non veritieri del gruppo editoriale di Confindustria.
E ora la Procura di Milano ha aperto un’inchiesta senza, per il momento, titolo di reato e a carico di ignoti sulla situazione contabile del gruppo Sole 24 Ore.
L’inchiesta, affidata al pool reati economici, ancora guidato dal procuratore della Repubblica Francesco Greco, è stata avviata dopo l’esposto alla Consob, presentato il 1 giugno scorso, dall’Adusbef, l’Associazione difesa consumatori ed utenti bancari, esposto nel quale si ipotizzano i reati di falso in bilancio e false comunicazioni sociali e si chiede di verificare la compatibilità delle vendite dichiarate con i relativi prezzi per singola copia, con i ricavi e le scritture contabili di bilancio.
L’esposto dell’Adusbef a Consob è stato depositato proprio il giorno successivo alla decisione di Ads, la società “Accertamenti Diffusione Stampa” che certifica i dati di diffusione e di tiratura della stampa quotidiana e periodica pubblicata in Italia, di sospendere, dalle rilevazioni, le copie digitali multiple del Sole 24 Ore.
Ora i pm stanno acquisendo materiale sulla vicenda per capire cosa è accaduto ai conti dell’importante gruppo editoriale.
«Siamo un libro aperto, massima trasparenza e massima tranquillità», reagiscono dal gruppo messo sotto tiro dalla magistratura.
«Il Sole 24 Ore, dopo le necessarie autorizzazioni – ricorda Adusbef – venne quotato in borsa il 6 dicembre 2007, tramite Mediobanca, ad un valore – “gonfiato?”, ipotizza l’Associazione Consumatori – di 5,75 euro, contro una valutazione di 4 euro ad azione fatta da Morgan Stanley, inducendo 27.000 azionisti (la metà dei quali piccoli) ad acquistare il titolo ed a rastrellare dal mercato 210 milioni di euro».
«Il primo giorno di quotazioni, il Sole 24 Ore – ricostruisce l’Associazione presieduta dall’ex-bancario Elio Lannutti – arrivò a perdere l’8 per cento, con scambi di 8 milioni di pezzi pari al 23 per cento dei titoli in circolazione. Il secondo giorno, il titolo chiuse in negativo a 5,47 euro (-2,32 per cento) e dopo 2 giorni la perdita fu di quasi il 5 per cento, con una continua ed inarrestabile erosione del valore del titolo, sceso oggi a 0,382 euro».
Una caduta verticale alla quale si accompagna un dato assolutamente illogico in questo quadro di sfacelo.
«Dal giorno della quotazione – sottolinea Adusbef – sarebbero stati comunicati dati poco chiari: nel 2008 Il Sole 24 Ore ha dichiarato in bilancio di aver diffuso (tra carta e digitale) 335 mila copie al giorno incassando 207 milioni. Nel 2015 le copie sono salite a 375 mila e i ricavi sono scesi a 144 milioni».
La cosa era talmente stravagante che «all’assemblea dei 23 aprile 2012, l’azionista Giovanni Esposito chiese come mai le copie salivano e i ricavi scendevano nonostante l’aumento del prezzo a 1,50 euro che avrebbe dovuto comportare, viceversa, un 20 per cento di incremento delle entrate».
Al povero Esposito che non riusciva a capacitarsi di questa astrusità replicò il presidente Cerutti. E non fu proprio una risposta conciliante. Disse che «se il signor Esposito è soddisfatto della risposta siamo contenti altrimenti non possiamo farci nulla» poiché i dati diffusionali sono forniti dall’Ads. Il senso della risposta è che il Sole 24 Ore non sapeva quante copie diffondeva. Lo sapeva Ads, non il Sole 24 Ore.
Il 22 gennaio 2011 Adusbef aveva già bussato al portone di Consob. Si era rivolta, all’epoca, senza, però, ottenere risposta alcuna, al presidente Vegas al quale Lannutti aveva messo davanti agli occhi una sequenza interminabile di eccentricità nel bilancio de Il Sole 24 Ore.
Come prima cosa Adusbef aveva fatto notare a Vegas che i crediti a bilancio erano scesi di circa 29,5 milioni di euro, ma a + 1,85 per cento rispetto al calo nello stesso periodo del 2009 e che i proventi finanziari erano diminuiti del 60 per cento.
Anche gli investimenti in attività materiali erano calati di oltre il 50 per cento fece notare Lannutti. Contestualmente erano state cedute imprese controllate per 1,2 milioni e il risultato netto aveva segnato una perdita di 24,6 milioni di euro, aumentata cioè dell’11,64 per cento. A questo quadro già grave si accompagnavano altri dati incontrovertibili: i ricavi del quotidiano, Sole 24 Ore, risultavano in calo dell’8,2 per cento così come era in netta flessione la raccolta pubblicitaria. Per somma disgrazia il numero delle copie del quotidiano registrava una consistente riduzione, mentre gli abbonamenti subivano una contrazione di oltre il 27 per cento. Un quadro disastroso divenuto ancor più bizzarro quando venne fuori, appunto, che le copie salivano e i ricavi scendevano.
E arriviamo a una quindicina di giorni fa, al 19 settembre 2016, quando l’Adusbef formalizza in Procura, a Milano, l’ultimo esposto ipotizzando una serie di reati, che la magistratura dovrà vagliare, che vanno dall’aggiotaggio cosiddetto informativo, connesso alla diffusioni di notizie tese ad evidenziare una realtà societaria non rispondente al vero – per esempio si rassicura il mercato sulle condizioni di una impresa che in realtà è in crisi – alle ipotesi di aggiotaggio cosiddetto “manipolativo”, con il quale la stabilità dei prezzi degli strumenti finanziari viene messa in discussione da complesse operazioni conosciute solo dai protagonisti, con artifizi e raggiri tali da indurre in errore gli investitori, i quali se al corrente della reale situazione economica di una società quotata – quale è il Gruppo de Il Sole 24 Ore – avrebbero potuto dismettere sui mercati i loro investimenti alle quotazioni precedenti, fino ai delitti di falso in bilancio e false comunicazioni sociali.
«Auspichiamo che la gravissima vicenda del Gruppo Il Sole 24 Ore, venga chiarita dai magistrati – dice l’Adusbef – non aspettandoci nulla dal “libro (mastro?) aperto” della società, che non sembra abbia vigilato con sufficienza sulla trasparenza dei conti e sulle copie diffuse, nell’interesse dei piccoli risparmiatori, dei lavoratori (giornalisti compresi) e dell’Italia, purtroppo ai primi posti nelle classifiche internazionali per corruzione, agli ultimi per libertà di informazione».