Uccise la moglie e l’amante, i giudici d’appello riducono la pena a vent’anni
Condanna rideterminata in appello per Mauro Micucci, l’impiegato che nel settembre 2014, nella sede dell’Inps in zona Cinecittà, uccise a coltellate la moglie Daniela Nenni e l’amante Alessandro Santoni. Venti anni di reclusione gli sono stati inflitti dalla prima Corte d’assise d’appello di Roma, dieci in meno della condanna pronunciata in primo grado dal gup nel settembre 2015 dopo il processo col rito abbreviato.
Uccise la moglie e l’amante, nuova sentenza
Era il 26 settembre 2014 quando, in un ascensore della sede Inps di via Umberto Quintavalle, furono trovati i corpi di Daniela Nenni e Alessandro Santoni. Erano stati massacrati con una decina di colpi inferti con un pugnale militare. Accanto a loro, immobile, i carabinieri trovarono Micucci (marito della donna, anche se i due vivevano da anni in case separate), sporco di sangue e ancora con il pugnale in mano; era stato lui stesso a chiamarli. Secondo l’accusa, alla base della tragedia c’era stato un sentimento di gelosia possessiva. Micucci, terminato il suo turno di lavoro, aveva deciso di ritornare per dare una certezza ai suoi sospetti che la moglie e Santoni intrattenevano una relazione. L’uomo (che in precedenza aveva anche pubblicato minacce su un social network), fu arrestato con l’accusa di duplice omicidio volontario premeditato. Portato a processo, e giudicato col rito abbreviato, fu condannato dal gup di Roma a 30 anni di reclusione con le attenuanti generiche equivalenti alla premeditazione e l’aggravante. Ora, la rideterminazione in appello, con fissazione in venti anni della condanna.